Crescono le associazioni di stranieri (976 nel 2011), ma è scarsa la loro capacità  di incidere

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ROMA – Sono 976 le associazioni di immigrati in Italia (dati 2011). Un numero in crescita. Erano 587 nel 2008 (dati registrati dai Consigli territoriali per l’immigrazione e riportati nel terzo rapporto del ministero dell’Interno). Le regioni con il maggior numero di associazioni sono Lazio (277), Lombardia (183). Emilia-Romagna (87), Toscana (68). Quelle con una presenza inferiore sono Marche (9), Puglia e Valle d’Aosta (7). Non sono stati reperiti dati per Molise e Basilicata.
È quanto risulta dalla ricerca “Risorse di cittadinanza” realizzata dall’associazione Parsec (con il contributo di Open Society Foundations) nel 2011 per ricostruire lo stato dell’arte dell’associazionismo degli immigrati e individuare le cause della loro fragilità . Ciò che emerge dall’indagine è che le associazioni registrate ad albi/registri regionali e provinciali sono solo la punta dell’iceberg rispetto alla reale presenza e attività  nei territori di gruppi non formalizzati e associazioni non iscritte. Tanto per fare un esempio, in Lazio il database del Centro servizi per il volontariato riporta contatti con 277 associazioni in regione, ma solo 33 di queste risultano iscritte al registro regionale del volontariato, mentre il registro ad hoc, la sezione riservata agli immigrati, ha solo 12 iscritti. Una delle difficoltà  che viene evidenziata dalla ricerca è data dalla legislazione nazionale che non ha aperto nuovi spazi per la partecipazione degli immigrati alla vita pubblica, ma ha prodotto nei loro confronti nuove condizioni di vulnerabilità , costringendo le associazioni a un aggravio del loro impegno solidaristico a favore dei cittadini stranieri che risulta complementare e, a volte, sostitutivo rispetto ai servizi pubblici.

La partecipazione degli immigrati alla vita sociale attraverso l’associazionismo è stata affermata da una convenzione adottata dal Consiglio d’Europa nel 1992. A sua volta la legislazione italiana (nazionale e regionale) ha preso le associazioni degli immigrati come riferimento per designare rappresentanti all’interno di specifici organismi (come le Consulte) che, in assenza del diritto di voto, garantissero una partecipazione alla vita politica, anche se di tipo consultivo. Secondo quanto emerge dalla ricerca, i problemi di questi organismi (che non sono presenti in tutte le regioni) sono dati dal fatto che non sono previste elezioni ma una cooptazione che non tiene conto della rappresentatività  delle organizzazioni che ne designano i partecipanti, la presenza degli immigrati spesso è numericamente irrilevante, spesso non sono che organismi formali dato che le associazioni non hanno possibilità  di incidere sulle politiche di integrazione, dove sono attive però il tasso di partecipazione delle associazioni alle Consulte è alto (in Emilia-Romagna il 75%). Per quanto riguarda i Csv (77 a livello nazionale di cui 65 provinciale e coprono tutte le regioni tranne la Provincia autonoma di Bolzano), solo il 27% delle associazioni intervistate è stata aiutata da un centro per l’avvio.

Ruolo importante per l’integrazione degli stranieri. Le associazioni svolgono interventi che vanno dall’area sociale a quella culturale, fino alla formazione. Ma per stipulare convenzioni che permettano loro di realizzare interventi di integrazione a favore degli immigrati devono iscriversi nell’apposito registro istituito presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Quelle che operano contro le discriminazioni devono iscriversi nel registro tenuto dall’Unar. A livello locale in alcune Regioni, Province e Comuni è stata prevista la tenuta di registri specifici. Dalla ricerca emerge che le associazioni di stranieri sono una minima parte di quelle iscritte ai registri nazionali (ministero del Lavoro e Unar), nelle 3 regioni analizzate (Emilia-Romagna, Lazio e Calabria) su 118 associazioni solo 3 sono iscritte nel registro del ministero del Lavoro. Di conseguenza le associazioni di immigrati sono escluse dalla maggior parte dei finanziamenti nazionali per le politiche di integrazione. Molti referenti hanno dichiarato che i criteri di accesso ai registri sono proibitivi, soprattutto perché spesso non sono in grado di certificare le esperienze acquisite. La moltiplicazione dei registri (a cui è necessario iscriversi per partecipare a bandi) è per gli immigrati un carico notevole di spesa, impegno, capacità  organizzativa e gestione amministrativa.

Micro-agenzie territoriali di integrazione. Ecco cosa sono le associazioni di immigrati. Ma le criticità  strutturali e i rapporti non sempre facili con le istituzioni ne mettono in discussione il ruolo. Tra le raccomandazioni Parsec segnala l’introduzione del voto amministrativo per gli stranieri e l’estensione del diritto di cittadinanza agli stranieri che intendono fruirne semplificando le norme sulla naturalizzazione. Sarebbe, inoltre, necessario trasformare le consulte in organi deliberativi di co-programmazione nazionale e regionale in materia di integrazione, garantendone l’istituzione in tutti i territori. (lp)

 

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