by Editore | 31 Luglio 2012 8:08
ROMA — È stata ancora lei, la norma sui farmaci non «griffati» a rallentare la corsa di leggi su tagli alla spesa pubblica. In realtà nella versione esaminata dal Senato non si parla di generici nè di equivalenti come vengono chiamati i medicinali non più coperti da brevetto e dunque riproducibili da parte di aziende diverse da quella titolare che aveva sostenuto i costi della ricerca.
Nell’ultimo testo del maxiemendamento si fa riferimento ai principi attivi, cioè alle sostanze che costituiscono l’essenza di un prodotto terapeutico e che dunque non possiedono un nome commerciale. Il faticoso lavorio delle lobby, medici e industrie contrarie, farmacisti favorevoli, ha portato a una riformulazione che, secondo il ministero dell’Economia, non costituisce «nessuna marcia indietro».
Il medico sarà obbligato a indicare il nome chimico della molecola attivo sulla ricetta rossa del sistema sanitario nazionale. Manterrà però la facoltà di indicare «uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo». La prescrizione sarà vincolante per il farmacista solo in presenza di una «sintetica motivazione obbligatoria». In questo caso scatta la clausola di non sostituibilità . Questo vale quando il paziente, con patologie croniche o di altro tipo, sia alla prima ricetta. Restano fuori dai vincoli i malati cronici già in terapia. Per loro è assicurato il mantenimento della prescrizione già effettuata prima di questa mini rivoluzione.
Fino in ultimo la norma è stata oggetto di pressioni, si cercava un compromesso che garantisse la priorità del principio attivo ma con qualche deroga. I farmacisti spingevano per avere maggiore spazio nel variare la scelta del medico. «L’equivalente è decollato grazie a noi», fa notare l’associazione Federfarma. Dura la posizione di Farmindustria: «Dal punto di vista produttivo la combinazione delle misure ipotizzate inserite nel decreto della spending review determina un danno irreparabile in termini di investimenti e occupazione con gravi effetti sull’economia del Paese». Assogenerici, invece, tifava ovviamente per i principi attivi: «Bisogna avvicinarsi al resto d’Europa e a agli Stati Uniti. È falso asserire che gli equivalenti sono diversi dagli originali», dice Michele Uda. Il mercato italiano è indietro rispetto all’Europa. Solo il 15% delle medicine consumate sono generiche. Ieri l’Aifa, agenzia nazionale del farmaco, ha riaffermato il loro valore: «Sicuri, efficaci e di qualità come i griffati».
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