CHI GIOCA CON LE ELEZIONI

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Come in Francia è già  accaduto con l’elezione di Hollande, così in Italia uno schieramento di alternativa potrebbe offrire una via d’uscita dalla crisi economica e politica. Non serve (lo scriveva su queste colonne Piero Bevilacqua) ripetere le cifre del fallimento del governo, né occorre ricordare il carattere ideologico del montismo (lo ha spiegato l’articolo di Alberto Asor Rosa).
Vale, invece, notare come chi spinge per accelerare l’apertura delle urne in autunno, in realtà  aspiri a replicare, sotto mentite spoglie politiche, l’esperienza di Monti, nella speranza di salvare il salvabile dell’attuale sistema politico istituzionale, prima che i populismi di base (grillismo) e di vertice (berlusconismo) saldino un fronte antipartito.
La richiesta di un voto anticipato arriva dunque dagli stessi che nove mesi fa salutavano l’operazione Napolitano-Monti come la soluzione di lungo periodo del rebus italiano. Da chi dava del disfattista a Stefano Fassina perché esprimeva un giudizio di esaurimento della spinta montiana. Ora nel partito di Bersani, i dirigenti che si opponevano al licenziamento della “strana maggioranza”, sposano la causa del voto subito. Tutto deve cambiare perché tutto resti com’è.
Pubblichiamo in questa pagina un appello firmato da esponenti di vario orientamento politico, un testo contro la censura dell’informazione, ma anche la possibile cornice di una campagna elettorale antiliberista, di difesa del modello sociale europeo. Siamo in ritardo ma ancora in tempo per uscire dalle formule governiste e aprire il capitolo del programma, dei contenuti su cui aggregare uno schieramento largo, popolare e, soprattutto, credibile, in grado di restituire alla politica il ruolo sovrano di ordinatrice del conflitto. L’opposto di quella grande coalizione che si intravede dietro le spinte politico-istituzionali verso elezioni anticipate studiate allo scopo di garantire continuità  con il passato.
Le primarie di coalizione dovrebbero servire a costruire proposte e alleanze, ma non sono l’unico strumento per dar voce ai movimenti e alle istanze che hanno già  espresso nelle grandi città  forze e leadership vincenti. Naturalmente senza una riforma elettorale che ridia senso alla parola rappresentanza, tutto è più difficile. Se la politica ha ancora vita, deve battere un colpo. E tuttavia, se il voto a novembre è l’ennesima manovra di palazzo, non saranno le elezioni in primavera a impedire l’alternativa politica.


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