Casa, così Spese e Tasse mangiano la Rendita

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Tra il 4 e il 5% lordo, che tradotti in termini di incasso effettivo significano tra il 2,8% e il 4%: è il rendimento che si può attendere oggi dalla locazione di un appartamento in una grande città . E per arrivarci si devono verificare almeno tre condizioni: che si possegga già  l’immobile, che si trovi subito a chi affittarlo e che l’inquilino sia affidabile.
I numeri e il loro contorno non appaiono certo esaltanti, ma in una fase di incertezza economica che porta gli investitori internazionali a fare la fila per comprare bund tedeschi con rendimento negativo, una diversificazione di portafoglio che contempli per una quota la presenza di immobili a reddito può anche attirare, soprattutto chi, e crediamo si tratti ancora della grande maggioranza degli italiani, ritiene che il mattone non tradisca mai.
Rendimenti e dimensioni
Ma ragioniamo sui dati di fatto, partendo proprio dalle performance indicate all’inizio e che sintetizzano i valori riportati nella tabella (sopra). I dati sono elaborati dall’ultimo rapporto sul mercato immobiliare di Nomisma e mettono a confronto i prezzi e i canoni rilevati per gli appartamenti usati di medio livello. Per la nostra analisi abbiamo considerato un alloggio tipo di 80 metri quadrati effettivi; va però precisato che per appartamenti significativamente più piccoli, sotto i 50 metri quadrati, i rendimenti sarebbero migliori mentre per case molto più grandi le performance sarebbero meno soddisfacenti. Questo perché i canoni non sono proporzionali ai valori dell’immobile, con l’alzarsi del prezzo il rendimento scende. Lo si può verificare anche nella tabella: nella media le abitazioni delle aree di prestigio rendono il 4,4%, mentre nelle periferie la performance è più alta di sei decimi. A Milano il gap supera addirittura un punto, dal 4,1% delle zone top al 5,2% delle aree meno appetite, a Roma la differenza è nella media.
Spese e cedolare
Per arrivare dal valore lordo a quello netto bisogna considerare tre ordini di spese: le imposte sui canoni, l’Imu e i costi per la manutenzione straordinaria dell’immobile. Per quanto riguarda le prime di fatto oggi chi voglia fare il suo dovere fiscale fino in fondo (e non si tratta certo dell’unanimità  dei proprietari) non ha in pratica alternativa alla cedolare secca che limita il prelievo sull’incasso al 21%; quota che scende al 19% nella rara ipotesi che il contratto sia a canone concordato. L’alternativa sarebbe sommare i redditi da canone a quelli personali e assoggettarli a Irpef. La cedolare secca però ha un difetto non da poco: impedisce di chiedere all’inquilino l’aggiornamento annuale del canone e con l’inflazione al 3% a lungo andare rischia di penalizzare in maniera significativa l’investitore. Comunque i conti con la cedolare secca sono presto fatti: si porta via un quinto dell’affitto e quindi abbassa tra gli 8 e 10 decimi di punto la performance. Non è possibile calcolare se non sui singoli casi l’incidenza dell’Imu: il legislatore ha avuto la mano pesante perché ha lasciato ai comuni la possibilità  di appesantire molto il carico dell’imposta rispetto all’Ici e i comuni hanno scelto di posizionare le aliquote della case affittate a canoni liberi a livelli prossimi al massimo possibile. L’Imposta però si calcola sul valore catastale dell’immobile e non sui canoni percepiti e si può stimare che in media comporti un abbattimento della performance tra i tre e i cinque decimi di punto. Infine le spese di manutenzione straordinaria, che toccano in tutti i casi al padrone di casa, si possono calcolare nell’ordine di due-tre decimi di punto annuo sul valore dell’immobile e comunque non si scappa: se anche il condominio non deliberasse lavori straordinari, il proprietario di casa deve mettere in conto al termine della locazione spese per il ripristino dell’immobile.
Acquistare per investire
Dei punti che abbiamo indicato all’inizio, se appare scontato che per ottenere le scarne performance indicate sopra bisogna presupporre inquilini solventi qualche considerazione in più merita l’affermazione che bisognerebbe già  disporre dell’appartamento e non acquistarlo ad hoc. La ragione sta nelle forti spese legate all’acquisizione e che abbattono il rendimento effettivo: se si compra una casa da 200 mila euro all’anno e che ne rende 10 mila si devono spendere tra imposte, notaio e altri costi, altri 20 mila euro l’investimento non è più di 200 mila euro, ma di 220 mila e la performance lorda non è più del 5% ma solo del 4,55%.
A consigliare prudenza c’è poi la situazione di mercato: l’offerta di case in locazione sta esplodendo perché nelle grandi città  sono in aumento i proprietari di immobile di cui non hanno bisogno diretto e che non si riescono a vendere e per cui l’affitto è un ripiego adottato almeno per recuperare le spese. L’effetto sulla domanda si sarebbe già  fatto sentire: secondo il portale immobiliare idealista.it nel primo semestre di quest’anno gli annunci di locazione nei capoluoghi hanno richieste in media più basse rispetto alla seconda parte del 2011: Milano è scesa del 5,5%, Roma del 3,6%.


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