Aumenta la povertà  tra gli operai un disoccupato su due sotto la soglia

by Editore | 18 Luglio 2012 6:58

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ROMA â€” Cinque milioni di famiglie italiane vivono in povertà . Una su cinque, equivalenti a 12 milioni e 755 mila persone. Quasi povere, appena povere, sicuramente povere, le classifica l’Istat nel suo rapporto “La povertà  in Italia”. A farne le spese soprattutto operai, anziani soli, senza lavoro, coppie con un figlio piccolo. Ma anche famiglie monoreddito. Particolarmente critica la situazione al Sud, dove l’incidenza delle famiglie povere sul totale, una su quattro (23,3%), addirittura doppia quella nazionale (11,1%). Registrando punte record in Sicilia (27,3%) e Calabria (26,2%). E virtuosità  in Lombardia (4,2%), Veneto (4,3%) e Piemonte (5,9%). Un giovane meridionale su quattro sotto i 34 anni, dice l’Istat, è povero. Anche perché probabilmente disoccupato. Un panorama desolante a cui la riforma del lavoro targata Fornero, in vigore proprio da oggi, dovrebbe porre riparo. Almeno negli auspici del ministro.
Le famiglie dunque arrancano. Sebbene la “povertà  relativa” nel 2011, secondo l’Istat, sia praticamente stabile rispetto al 2010. Un equilibrio frutto però di una forchetta che si divarica. Se la cavano i nuclei dove si lavora in due, oppure la pensione dei genitori si combina con l’occupazione dei figli. Peggiorano la loro condizione, rispetto all’anno precedente, i
working poors,
caratterizzati da bassi livelli di istruzione, bassi profili professionali e dunque a rischio esclusione dal mercato del lavoro. Una famiglia su due (50,7%, ma era il 40,2% l’anno prima) senza alcun tipo di entrate (disoccupati) vive in “povertà  relativa”. Ovvero è sotto la soglia di 1.011 euro considerata, per un nucleo di due componenti, il minimo indispensabile per sopravvivere. E che corrisponde, ironia della sorte, alla spesa media pro-capite in Italia nel 2011. I tre quarti di queste famiglie risiede al Sud. Aumenta la povertà  (dall’8,3 al 9,6%) anche delle famiglie in cui tutti i componenti sono pensionati, nel 90% composta da anziani soli. Così, quella delle coppie con un figlio piccolo (dall’11,6 al 13,5%). Se poi il livello di istruzione è basso (nessun titolo o licenza elementare), la povertà  incide quasi quattro volte tanto rispetto ai nuclei con capofamiglia dotato quantomeno di licenza media (18,1 contro 5%).
Continua, infine, a deteriorarsi la “povertà  assoluta”. Una condizione piuttosto critica in cui sopravvivono (a stento) un milione e 300 mila famiglie (quasi tre milioni e mezzo di individui) che hanno meno di quanto sarebbe indispensabile per «uno standard di vita minimamente accettabile». Un livello di disagio in crescita, sul 2010, per le famiglie molto numerose con 5 o più componenti (dal 10,7 al 12,3%), per gli over 65 che vivono da soli
(dal 5,7 al 6,8%) e le coppie con 3 o più figli (dal 9,4 al 10,4%).
Certo, impressiona il dato totale di quasi 5 milioni di famiglie in forte difficoltà . Lo spartiacque, scelto dall’Istat, è proprio la soglia dei 1.011 euro. Sopra si collocano le “quasi povere” (fino ai 1.200 euro al mese). Le “appena povere” (povertà  relativa) tirano avanti con 800 o 900 euro e rappresentano l’11,1% del totale (2 milioni e 782 mila, equivalenti a 8 milioni e 173 mila individui). Le “sicuramente povere” (povertà  assoluta) possono contare su pochi spiccioli, dai 700 euro in giù. Per loro, la recessione e i tagli al welfare sono ancora più insostenibili.

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