Atene, nella città in vendita
Non basterà perché è ormai chiaro anche ai greci che gli obiettivi fissati dall’Europa per il 2012 sono molto lontani. Le dimissioni nei giorni scorsi del direttore generale del Fondo per le privatizzazioni, Kostas Mitropulos, sono state l’ultima conferma di una situazione molto complicata. Perché secondo i programmi il Fondo avrebbe dovuto raggranellare 3,2 miliardi di euro mettendo sul mercato una grande quantità di beni e immobili. Finora però, aerei compresi, ha racimolato solo poco più della metà , 1,8 miliardi. Come il Minotauro, la troika chiede ad Atene sacrifici ben maggiori.
Questa mattina i rappresentanti di Ue, Bce e Fondo monetario si troveranno dunque di fronte uno studente che, esclusa la promozione, spera di essere rimandato e confida nelle divisioni tra gli esaminatori. Mentre da Berlino i professori tedeschi, con l’unica eccezione del ministro delle finanze Schaeuble, si sono già espressi per la bocciatura, Mario Draghi si è mostrato possibilista. Domenica,nell’intervista a Le Monde(pubblicata in Italia da Repubblica)
il presidente della Bce ha detto che «l’auspicio è che la Grecia resti nella zona euro». Ma se quell’auspicio diventerà realtà dipende «dalla capacità del governo greco di mantenere gli impregni presi nella campagna elettorale». Una strada difficile da percorrere se proprio Mitropulos, nella lettera in cui venerdì annunciava le sue dimissioni, ha spiegato la sua scelta con «l’atteggiamento del nuovo governo» che avrebbe «sistematicamente » e «indirettamente» remato contro le privatizzazioni.
In questo clima di grande pessimismo, ad Atene sono rimbalzate in modo rassicurante le dichiarazioni fatte ieri dal portavoce dell’Ue Colombani secondo il quale «la Grecia può farcela a rimanere nella zona euro». Ma per centrare l’obiettivo ed evitare la bocciatura
bisogna puntare a convincere nella Troika i rappresentanti del Fondo monetario, i più severi nel giudizio. La speranza è quella di ottenere una rinegoziazione del calendario già concordato a suo tempo e non rispettato dal governo greco. Questa mattina gli uomini del primo ministro Antonis Samaras, proveranno a convincere gli esaminatori che almeno una parte del ritardo è dovuta «al periodo politicamente difficile con due appuntamenti elettorali ravvicinati ». Chiederanno così di spostare oltre il 2014 la data entro la quale fare tagli per 11,4 miliardi di euro nella spesa pubblica. Chiederanno di poter aumentare le pensioni minime e di poter diminuire le tasse alla imprese per fare uscire almeno una parte della paese dalla povertà . Perché solo in quel modo è possibile uscire dal circolo vizioso che oggi impedisce ad Atene di onorare gli impegni.
Per questo il governo di Samaras vuole ottenere dalla Troika anche un ammorbidimento del programma draconiano di riduzione dei dipendenti pubblici che dovrebbero scendere, secondo gli impegni, di 150 mila unità .
Questa mattina dunque l’ennesimo momento della verità . Con la grande incognita su quel che potrebbe accadere se davvero vincessero i falchi tedeschi e la Grecia dovesse tornare alla dracma. Con un paese dove già oggi la povertà si tocca con mano anche nei quartieri del centro della città , trasformati in uno strano miscuglio di turismo e disperazione, venditori di souvenir e poveri alla ricerca di un qualche modo per sfamarsi. Quando, non molte settimane fa Nea democratia aveva vinto di misura le elezioni, le Borse avevano tirato un sospiro di sollievo. Ma è oggi che il governo Samaras è messo davvero alla prova, alla ricerca della strada strettissima, forse inesistente, tra salvare il tenore di vita dei greci e rimanere aggrappati alla moneta unica. Secondo l’opposizione, invece, la cura che imporrà la Troika porterà «bancarotta e collasso sociale a settembre». L’impressione è che i problemi del dopo euro saranno una questione essenzialmente greca. A quel punto l’Eruopa tornerà lontana, impegnata ad evitare che “il contagio” di Atene si diffonda.
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