Atene, altri 1,5 miliardi di tagli per convincere la Troika

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ATENE â€” Il capo della Troika, il danese Poul Thomsen, lo ha detto chiaramente: «Resteremo qui finché il piano non sarà  approvato». Gli ispettori inviati da Fondo monetario, Ue e Bce, che avrebbero dovuto lasciare ieri la Grecia, rimarranno dunque ad Atene anche nei prossimi giorni. Evidentemente non si fidano molto delle rassicurazioni ufficiali e preferiscono vedere scritti nero su bianco gli impegni del governo di Antonis Samaras. Che ha incontrato non poche difficoltà  al suo interno per accettare il boccone amaro imposto dall’Europa: un piano da 11,5 miliardi di tagli nei prossimi due anni e mezzo. «Siamo d’accordo sul modo di tagliare una decina di miliardi — dicevano nei giorni scorsi fonti vicine al primo ministro — mentre la discussione e le divergenze riguardano l’ultimo miliardo e mezzo». E’ quanto le stesse fonti hanno confermato anche ieri parlando di «accordo sostanzialmente raggiunto». In realtà  solo oggi, nella nuova riunione prevista tra i tre leader di governo, si capirà  se l’accordo è stato davvero ottenuto sull’ultima
tranche di 1,5 miliardi. Mentre i conservatori di Samaras hanno accettato il piano della Troika, per il socialista Evangelos Venizelos e, soprattutto, per l’esponente di Sinistra Democratica Fotis Kouvelis, i tagli previsti sulle pensioni e sugli stipendi dei dipendenti pubblici sono difficili da accettare. Anche perché l’ala sinistra della maggioranza di governo è la più esposta alle critiche dell’opposizione della sinistra radicale (che ha ottenuto il 27 per cento alle ultime elezioni) e dei sindacati.
«Non ci interessa tornare alla dracma — dice Zoe Lanara, responsabile delle relazioni internazionali del sindacato Gsee — ma non si può chiedere a questo paese di immolarsi per rimanere nell’euro. Abbiamo il 52 per cento di disoccupazione giovanile e il 25 per cento dei greci che potrebbero farlo non riesce a lavorare ». Quel che i sindacati temono maggiormente sono gli interventi sulle pensioni: il tetto a 2.000 euro lordi al mese e l’innalzamento dell’età  pensionabile da 65 a 67 anni. «Mettere un tetto del genere — spiega Lanara — significa ridurre le pensioni di fatto a cifre che variano da 1.200 a 1.500 euro. Stipendi che vanno bene nei piccoli paesi e nelle isole, ma non nell’area di Atene, dove vive metà  della popolazione. Se questo rimane il piano è inevitabile che in settembre si arrivi a una nuova serie di proteste. La gente non ha alternative».
Oggi si capirà  quanto queste posizioni faranno breccia nell’ala sinistra del governo Samarias. Se si troverà  l’accordo, il signor Thomsen e i suoi due colleghi della troika partiranno da Atene e a settembre daranno il disco verde al finanziamento di altri 30 miliardi di aiuti alla Grecia. In caso contrario, arriverà  quasi inevitabilmente il default.


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