Assad perde la sua «cabina di regia»

by Editore | 19 Luglio 2012 8:59

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L’esplosione ha colpito il luogo più blindato della capitale dopo il palazzo presidenziale: il vertice dell’unità  di crisi in una sede della Sicurezza Nazionale. E’ stata la tv siriana a dare la notizia ieri mattina, senza trasmettere immagini, seguita dalle reti panarabe: un attentato suicida ha ucciso il ministro della Difesa Daoud Rajiha, il suo vice e cognato del presidente Assef Shawkat, e il capo dell’unità  di crisi Hassan Turkmani. Non è chiaro se sia morto o sia rimasto ferito il ministro dell’Interno Mohammed Shaar, anche lui presente all’incontro. 
Tutti gli indizi puntano ad un «lavoro interno». Gli autori dell’attentato dovevano avere accesso al luogo e sapere quando si sarebbe tenuta la riunione. Fonti anonime della sicurezza siriana dicono alla Reuters che una guardia del corpo si sarebbe fatta saltare in aria. Ci sono state comunque due rivendicazioni: una dell’Esercito Libero, l’altra di un gruppo jihadista chiamato «Liwa al Islam» (la brigata dell’Islam) che su Facebook contesta la dinamica del kamikaze sostenendo invece di aver piantato degli esplosivi. E’ uno choc per il sistema nevralgico del potere: alla guerriglia che da quattro giorni continua nelle strade della capitale, si aggiunge la paura di tradimenti interni. I ribelli hanno reagito con scene di gioia in varie parti del Paese e l’annuncio di nuove defezioni. Finora il governo aveva sminuito il peso dell’offensiva che l’Esercito Libero ha chiamato «Operazione Vulcano» e «battaglia per la liberazione di Damasco», ma ieri per la prima volta il ministro dell’Informazione Omran Zoabi non ha parlato di «piccoli gruppi di terroristi infiltrati» e in buona parte sgominati, ma ha dichiarato che è in corso una «battaglia decisiva». 
L’incontro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che doveva esprimersi ieri sul rinnovo della missione dei 300 osservatori disarmati in Siria — ormai rintanati in albergo — è stato rimandato ad oggi, ma la Russia ha già  detto che voterà  contro una proroga se unita a sanzioni per il regime nel caso in cui non ritiri le armi pesanti dai centri abitati: nell’attuale guerra civile, afferma Mosca, significherebbe aiutare i ribelli. 
Il Pentagono afferma che la situazione sta precipitando «fuori controllo», e la Casa Bianca dichiara di non sapere dove si trovi il presidente Bashar Assad. Secondo fonti citate da Al Jazeera non era al vertice di sicurezza. 
Una pesante controffensiva ha colpito ieri molti quartieri di Damasco, secondo gli attivisti, con truppe appoggiate da elicotteri e tank e un inquietante avvertimento ai cittadini ad evacuare le zone controllate dai ribelli perché possano essere «ripulite». Una reporter della Bbc in città  parla di negozi chiusi e strade deserte anche in centro. «Dal mio balcone ho visto per tutto il giorno gli elicotteri sparare — dice una attivista nel nord della capitale —. Nel mio quartiere così normale, nel mio stupido quartiere. Ma siamo stanchi e vogliamo che finisca, non importa come. E perché finisca, la situazione deve peggiorare».

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