Assad bombarda Aleppo cannoni ed elicotteri contro le roccaforti ribelli
BEIRUT — Su una questione strategica e morale come l’impiego delle armi chimiche, anche le ipotesi avanzate nel fuoco della polemica possono diventare molto pericolose. E allora ecco un secco e insolito altolà di Mosca al suo protégé di Damasco. «Noi partiamo dall’assunto – dice il ministero degli Esteri russo – che il governo siriano aderirà strettamente ai suoi obblighi internazionali». Il che vuol dire che il regime di Bashar el Assad, in base ad un protocollo internazionale cui la Siria ha aderito nel 1968, non potrà impiegare armi non convenzionali in situazioni belliche.
Erano passate neanche 24 ore da quando, tra Damasco e Washington, era partito un minaccioso botta e risposta. Il portavoce siriano, Jihad Makdisi, ammettendo per la prima volta che Damasco possiede un arsenale di armi chimiche e batteriologiche, aveva escluso che le stesse possano essere usate «mai e poi mai contro il popolo siriano», «mai e poi mai», dunque, nell’ambito del conflitto interno, ma aveva esplicitamente ammesso che l’uso delle cosiddette armi di distruzione di massa sarebbe stato previsto in caso di attacco dall’esterno. Un’affermazione tanto grave, quella del portavoce del ministero degli Esteri siriano, di spingere Barak Obama a rispondere con un secco avvertimento a Bashar el Assad e al suo entourage, che sarebbero stati considerati responsabili «se avessero commesso il tragico errore di usare queste armi». Israele, a scanso di equivoci, ha chiarito che l’arsenale chimico siriano era saldamente sotto il controllo dell’apparato militare, aggiungendo però che avrebbe considerato un “casus
belli”, se queste armi fossero finite nelle mani degli Hezbollah libanesi, la milizia sciita fondata dall’Iran, alleata della Siria e nemica di Israele. Secondo alcune indiscrezioni, la Russia avrebbe prima imposto un chiarimento attraverso il portavoce siriano, innanzitutto per togliere al problema delle armi chimiche quell’alone di mistero che è parte integrante della minaccia insita nelle stesse, e poi, evidentemente non del tutto soddisfatta, ha emesso il comunicato in cui ammonisce Damasco che quelle armi non potrà e non dovrà usarle neanche per fermare un «intervento esterno».
Una presa di posizione che avvicina Mosca a Washington, come non era mai successo nel corso della crisi siriana, dove, al contrario si era assistito ad una progressiva divaricazione delle rispettive posizioni. Questo non vuol dire che la Russia stia prendendo le distanze da Assad, ma che ha chiari i limiti del proprio spazio di manovra. Alla definizione dei quali concorre anche la situazione sul terreno, oggi sempre più incentrata sulla battaglia per Aleppo. I ribelli sono riusciti a portare lo scontro sotto le mura della città vecchia, considerata dalle Nazioni Unite patrimonio dell’umanità . Il regime risponde con tutta la forza a disposizione, compresi gli elicotteri, l’artiglieria e, a quanto riferiscono gli inviati della Bbc sul posto, gli aerei. Pugno di ferro contro i detenuti in rivolta in un carcere alla periferia della città . Tredici reclusi sono morti soffocati dai gas.
E tuttavia tra i ribelli armati in campo e l’opposizione all’estero la confusione regna sovrana. Se è vero che il Consiglio Nazionale Siriano ha prima, secondo un portavoce, accettato la proposta di un governo di transizione guidato da un esponente del regime, ma dopo, con un altro portavoce, ha fatto marcia indietro.
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