Amori e letture di una nuova Madame Bovary
Leggendo Turgenev è il romanzo di una nuova Bovary. «Scrivo romanzi nel mio tempo libero», scherza William Trevor, intendendo che, nella vita, scrive racconti – a ottantaquattro anni, lo scrittore irlandese è considerato il maestro della short storyinglese.
Il racconto, per lui, non è fatto da una trama, ma dalla corsa verso il finale, che è un obiettivo, e un punto di non ritorno (“not a plot, but must have a point”); il romanzo invece può essere decentrato. Questo magistrale Leggendo Turgenev (che esce da Guanda nella bella traduzione di Laura Pignatti, pagg. 248, euro 17) ha alcuni strappi nella trama, e un finale che ribalta tutto quello che si è letto: ma il tessuto è tenuto insieme dalla coloritura delicata e aspra degli sfondi, gli anni Cinquanta di una piccola comunità protestante nella cattolica Irlanda del sud.
«Il corteggiamento iniziò l’11 gennaio 1955, un martedì ». È una storia ponderata, quella tra Elmer, agiato proprietario di un negozio di stoffe (le pezze di tessuto impilate sui ripiani, nylon, chintz e seta, spolette e rocchetti di filo, i vestiti sui manichini e due temibili sorelle nubili dietro ai banconi) e la più giovane Mary Louise, che vive nella
modesta fattoria di famiglia, appena fuori della cittadina – che conta duemila anime, perlopiù cattoliche. La domenica, nella chiesa protestante, il numero dei fedeli arriva a trentatré, trentaquattro; i giovani emigrano, la scelta è limitata. Elmer ha valutato anche la sorella maggiore di Mary Louise, ma la piccola ha un aspetto gradevole. Elmer, con la sua calvizie e lieve pinguedine incipienti, è l’unico scapolo facoltoso in città ; «a caval donato non si guarda in bocca », commenta papà Dillon, il padre di Mary Louise; la ragazza è un po’ sognatrice, la maestra ricorda bene che si era appassionata alla vicenda di Giovanna d’Arco, e si spaventava quando, fuori della scuola, i bambini cattolici gridavano: «eretici! Brucerete all’inferno! » – ma no, la consolava il fratello. Mary Louise sogna di vivere in città ; e insomma, quel fatidico martedì, accetta l’invito al cinema, per il venerdì successivo.
La tattica di Trevor è di raccontare i personaggi attraverso le relazioni tra le persone. La storia del matrimonio di Elmer e Mary Louise è il prodotto corale di mille sguardi della comunità , rispettabile e curiosa. Particolari minori raccontano il rapporto con l’attualità e la grande storia – un avventore della pensione della luna di miele si è sposato nel 1941, «lo stesso giorno in cui affondò la Bismarck»; nella fattoria dei Dallon, su un davanzale si era accumulato un mucchietto di giornali «perché erano utili per avvolgere le uova»; e l’anno preferito nella vita di Mary Louise è quello in cui i russi mandarono un cane nello spazio, e morì Humphrey Bogart, l’attore che tappezzava la stanza della sorella. È il 1957; Mary Louise si sta appartando mentalmente dal quieto inferno del suo matrimonio, minato dallo stillicidio dell’ostilità delle cognate e dall’impotenza del marito (la comunità preferisce decidere che è lei infeconda) – quando si apre, a metà romanzo, la svolta bovarista. Un cugino cagionevole le fa scoprire Turgenev, e le sedute pomeridiane di lettura in un cimitero abbandonato, e l’evidente, antica passione del ragazzo offrono di colpo a Mary Louise la quota di amore romantico cui ha diritto.
Turgenev, il venerando maestro russo del racconto, è evocato nel solito modo reticente di Trevor; sono alcune frasi di
Alla vigilia, il romanzo del 1860 in cui Elena, una ragazza semplice e risoluta, si innamora – non degli esitanti intellettuali rivoluzionari russi, ma del patriota bulgaro Insarov. Sono le persone più estranee quelle che possono rivelarci: è uno dei temi, mediato qui da Turgenev, del romanzo di Trevor.
La vita profonda che è diventata quella di Mary Louise la rende assente e soprappensiero; si isola in casa in una soffitta; in città cominciano a trovarla molto strana. Le cognate lavorano sulla bizzarria del suo comportamento, sulla sua “malattia nervosa”; con splendida gradazione viene motivato l’inter-namento di Mary Louise. Non svelo nulla; brevi capitoli interpolati mostrano, fin dall’inizio, Mary Louise in manicomio. Ci sta da trentun anni, ma ecco che “i pazzi” vanno “liberati”; apposite leggi, in Italia, in America, già lo hanno decretato; l’Ir-landa è un po’ in ritardo, “come sempre”. Elmer va a ripendersi Mary Louise, che riscopre la sua cittadina.
Ora, trent’anni sono esattamente il tempo trascorso da Trevor lontano dalla sua Irlanda – Dublino, e prima ancora la natìa, piccola Mitchelstown, famosa per il suo cheddar cheese –quando, nel 1991, pubblica Leggendo Turgenev.
È la dose di distanza che consente di vedere le cose; e del resto già essere protestanti poveri, nell’Irlanda del sud, era essere fuori posto, «quello che uno scrittore deve essere, che gli piaccia o no», come dichiarava Trevor in una storica intervista rilasciata a
The Paris Reviewmentre il romanzo era in gestazione. Il colpo di scena finale dà un nuovo volto a Mary Louise, la rende artefice del destino e di tutta la storia, proprio come il romanziere. Ma la scrittura, fino alla fine discreta, di Trevor copre di riserbo anche questa trasfigurazione del personaggio; e in fondo, più che rincuorati dalle possibilità di fuga, si resta intrisi della ragnatela di sguardi che, in ogni comunità , ci irretisce e ci intrappola.
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