ALLA TATE MODERN ORA L’ARTE È DAL VIVO

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LONDRA – Non si può appendere a un muro, non si può riprodurre in un poster, non si può comprare all’asta: ma è arte? «Sì, è arte», afferma Nicholas Serota, direttore della Tate Modern, l’ultimo arrivato e il più popolare tra i grandi musei di Londra, che ha inaugurato questa settimana una nuova ala interamente dedicata all’arte dal vivo, all’arte-spettacolo, all’arte-performance, aprendo «un nuovo capitolo nel modo in cui l’arte contemporanea viene considerata, studiata e soprattutto “vissuta” dal pubblico». Il nuovo spazio si chiama “The Tanks” (I serbatoi),e il nome riflette letteralmente quello che erano: due gigantesche cisterne sotterranee di carburante, una scelta appropriata tenuto conto che l’edificio centrale della Tate Modern ospitava un tempo una centrale elettrica. Convertite in sale per museo dagli architetti Herzog e De Meuron (gli stessi che firmarono la prima parte della Tate), consistono in due enormi aree circolari più un labirinto di stanze più piccole. Il restauro ha volutamente conservato la ruvida sensazione per cui i “serbatoi” erano stati concepiti, portando il visitatore in un’atmosfera ben diversa da quella rarefatta ed elegante del tipico museo o della galleria d’arte: l’intento, spiega Serota, era di riconoscere il fatto che l’arte più eccitante e dirompente dell’ultimo decennio è sbocciata in magazzini abbandonati, exfabbriche derelitte, loft di artisti squattrinati.
Del resto la nuova ala della Tate è un esplicito “j’accuse” al commercialismo che ha trasformato l’arte moderna in una borsa valori. “Una performance dal vivo non si può vendere, non si può mettere all’asta”, osserva Catherine Wood, curatrice della nuova sezione. “E’ arte per l’odierna era dell’austerità , è arte per una società  oppressa da banche e banchieri, è arte per chi è stufo di essere dominato da mostre in cui l’unica cosa che conta è sapere per quanti milioni è stata comprata l’ultima installazione di Damien Hirst”. E’ arte rivoluzionaria, si sarebbe detto un tempo, o che come minimo mira a coinvolgere l’audience in maniera diversa, che è poi quello che la Tate Modern ha sempre cercato di fare dalla sua fondazione nel 2000. Tra le prime “opere” esibite nelle due Tanks sono in programma una danza coreografata da Anne Teresa De Keersmaeker, un film del giovane artista coreano Sung Hwan Kim e uno spettacolo di Eddie Peake. Sarà  anche riproposto il filmato di 24 ore The Clock di Christian Marclay, presentato con successo alla Biennale di Venezia nel 2011 e poi alla galleria White Cube di Londra.


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