Alessandro Piperno

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Ha vinto di un’incollatura. Con due soli voti di scarto. Ha vinto dopo che sembrava aver perso. Dopo che Emanuele Trevi, forte di un vantaggio di 12 voti, pareva avviato a farcela – contro ogni previsione – su Alessandro Piperno. Poi, all’ultimo momento, la veloce rimonta. Quando è nata la sua candidatura?
«Prima che il romanzo uscisse vennero a Roma Antonio Franchini e Giulia Ichino, i miei referenti in casa editrice. Ci vedemmo nella sede romana della Mondadori. Mi dissero che erano molto contenti del libro e che potevo aspirare a un premio importante, come lo Strega, e che loro avrebbero fatto di tutto per farmelo vincere».
E lei come ha reagito? «Come faccio di solito: in maniera interlocutoria e avanzando qualche riserva. Poi mi sono lasciato contagiare dal loro entusiasmo». Le riserve erano di che tipo?
«Per lo più legate al mio carattere. Non ho grande dimestichezza con il pubblico. E poi con Persecuzione non avevo fatto promozione e non intendevo farla neppure con Inseparabili».
Ha avuto reazioni e di che tipo da parte degli sconfitti?
«Di grande fair play. Si sono tutti congratulati. Magari dietro le quinte ci sarà  stato il finimondo, ma sulla scena era evidente la correttezza». 
I suoi sponsor editoriali credevano molto in lei. E lei quanto credeva nella Mondadori?
«Ho un’immensa gratitudine per la casa editrice. E davvero sono stati tutti bravissimi».
Forse anche cinici?
«Cinici perché?»
La Mondadori, si dice, fa quello che vuole allo Strega. Vince a man bassa e le annate lo dimostrano.
«Perché darne una connotazione moralisticamente negativa, non capisco. Sono stati abili e scaltri, come si addice a una competizione».
Il cinismo nasce dalla potenza che le consente di controllare la situazione.
«Penso che la Mondadori vinca perché fa buoni libri. Non ricordo scandali o ditini alzati per la qualità 
dei suoi romanzi che si impongono ».
La qualità  da sola non basta. A meno di non pensare che i libri concorrenti siano scarsi.
«Ho la sensazione che la vittoria dell’altra sera è stata troppo rocambolesca per essere decisa a tavolino. Il resto, mi pare, è discutere del sesso degli angeli».
Non era proprio “sesso degli angeli” capire ad esempio che ruolo avrebbe giocato Einaudi con il romanzo
di Fois. Cioè se di intralcio o di aiuto alla Mondadori.
«Già  le dissi, in tempi non sospetti, che era diritto dell’Einaudi presentarsi allo Strega e cercare di vincerlo. Aggiungo che non ho l’autorevolezza per ergermi a moralizzatore».
Ammetterà  che il Premio Strega, sebbene sia stato in parte e lodevolmente riformato, continua ad alimentare sospetti con il suo mercato dei voti.
«Lo capisco. Però c’è una competizione cui tutti gli anni gli editori partecipano. Se il manufatto fosse così scadente e il risultato scandaloso, lo Strega diventerebbe un premio screditato e non quell’evento ambito da tutti. Una volta che si accetta di partecipare si è nel gioco. Le polemiche è fatale che ci siano. Ma alla fine resta il giudizio sul romanzo. È buono o no?».
Se è per questo resta anche l’aspetto commerciale. Il romanzo che vince lo Strega triplica, come minimo, le copie vendute.
«Ci sarà  un incremento, anche se non mi aspetto di diventare Dan Brown. Conosco le mie potenzialità . E so che i miei lettori hanno un certo tipo di cultura e di stomaco».
Cosa intende dire?
«So come la pensano molti lettori che trovano barocchi e inesorabilmente cinici i miei libri. C’è chi mi giudica pretenzioso e citazionista. Non credo che tutto questo verrà  dimenticato solo grazie a una fascetta apposta sulla copertina del romanzo ».
Le pesa essere giudicato antipatico?
«Per me conta molto scrivere in una specie di stato d’animo vicino al risentimento. Devo avere di fronte qualcosa da odiare. E se scrivi con questo spirito incontri scarsa comprensione e poche simpatie. Del resto, giudico con molto sospetto i li-
bri che vogliono piacere a tutti».
Come sono stati i due mesi di preparazione allo Strega?
«Ho incontrato scolaresche e visitato città  di provincia. Dopo una lettura a Foggia sono rimasto chiuso in una scuola. C’è stato bisogno dell’intervento dei pompieri per farmi uscire. Un’altra volta ancora mi hanno tamponato sull’autostrada».
Colpa dello Strega?
«Direi piuttosto della mia freudiana vocazione all’infortunio. Ma alla fine tutto è andato bene. La sola cosa che mi ha dato fastidio era sentire di presunti retroscena in cui si parlava male di me, in cui si diceva che Trevi o Carofiglio avevano già  vinto. O pezzi scritti su giornali di provincia in cui si farneticava di una mia polemica con Einaudi. Il gossip non è bello quando sei parte in causa».
Fa parte della corsa al successo.
«Il successo mette in moto meccanismi che spesso ci sono estranei. Per esempio ora ho la sensazione di averle fornito molte risposte sentenziose. E mi ritrovo, mio malgrado, a fare la parte del “pallone gonfiato”. E ciò accade senza che ci sia la volontà  di nessuno. È il frutto del successo. Che ho cercato di raccontare nel mio romanzo Inseparabili con la storia dei due fratelli. In fondo, loro sono le due parti della mia personalità ».


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