by Sergio Segio | 9 Luglio 2012 12:38
Quando l’uomo inizia a sparare, la telecamera ha un movimento quasi pudico, ed è l’unico momento pietoso nella registrazione di una storia orribile: senti i colpi, secchi, cinque in tutto e in rapida successione, ma non vedi il carnefice né la
vittima. Solo i rami degli alberi nella vicina boscaglia. Poi ancora un’immagine della donna, a terra, esanime. Raggomitolata, quasi nella stessa posizione, come se non fosse cambiato nulla. Come se fosse già morta, quando era ancora in vita.
Dicono avesse 22 anni. Dicono fosse una mamma. Dicono anche che fosse contesa fra due capi locali del movimento armato in rivolta contro il governo di Hamid Karzai. Storie di paese, ma storie tragiche. Qualcuno sostiene l’abbiano violentata entrambi. Altri raccontano che no, niente stupro. L’unica che non ha potuto fornire la sua versione, perché nessuno gliel’ha chiesta e nessuno le ha permesso di farlo, è lei, l’adultera. Scelta dal pregiudizio come unica colpevole di una vicenda in cui se c’erano dei colpevoli erano altri. «Quando ho visto le immagini afferma il governatore della provincia di Parwan, Basir Salangi, ho chiuso gli occhi. Ho avuto pietà per quell’innocente. Colpevoli sono quelli che l’hanno uccisa». E che nel video festeggiano l’avvenuto assassinio inneggiando ai combattenti mujaheddin.
CHI DETTA LEGGE
Storie di paese. Storie di un pezzo di Afghanistan dove l’esistenza scorre esattamente ancora come ai tempi in cui gli studenti del Corano avevano il potere. Perché qui, come in tante altre parti di Afghanistan, i talebani hanno ripreso il controllo e dettano legge. Fawzia Koofi, combattiva deputata del Parlamento di Kabul, piange mentre guarda il filmato. Lamenta il silenzio del governo su episodi come questo, che non sono purtroppo isolati e richiederebbero invece un atteggiamento di «tolleranza zero». «Dobbiamo reagire, non solo come donne, come esseri umani».
Un’indagine di ActionAid rivela che per il 72% delle donne afghane le condizioni di vita femminili sono migliorate rispetto all’epoca in cui comandavano Omar e i suoi mullah. Ma ben l’86% ha paura del futuro e prevede un ritorno all’ indietro, soprattutto se la partenza già programmata delle truppe straniere avvenisse in una situazione di caos istituzionale. Al vertice Nato di Chicago, in maggio, si è parlato in generale dei problemi della sicurezza e della riorganizzazione sociale e civile in rapporto al prossimo ritiro dei contingenti alleati, ma nulla è stato detto in specifico per quanto riguarda le donne. Allo stesso modo, sottolinea Guhramaana Kakar, consigliera presidenziale, le questioni femminili vengono del tutto ignorate nei negoziati in corso fra rappresentanti del governo e emissari talebani.
Secondo Selay Ghaffar, direttrice di Hawca, associazione afghana per la tutela di donne e bambini, dopo i progressi realizzati nei primi anni successivi alla caduta del regime teocratico, c’è stata ura progressiva involuzione. «A partire dal 2007 dice sono cresciute insicurezza e discriminazione». In perfetta coincidenza temporale con la ripresa del movimento talebano. Forte delusione ha suscitato nelle organizzazioni progressiste l’avallo di Karzai al codice di condotta femminile formulato quattro mesi fa dal Consiglio degli Ulema, massima autorità religiosa nazionale. Fra le regole enunciate, la necessità che la donna viaggi in compagnia di un tutore maschio e che eviti contatti con estranei nei luoghi pubblici, siano essi l’ufficio, la scuola, il mercato.
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