Votato l’arresto: Lusi entra a Rebibbia

by Editore | 21 Giugno 2012 10:48

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ROMA — Il Senato, con un voto che non ha precedenti nella storia repubblicana, ha concesso a scrutinio palese l’arresto di un suo componente: l’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, accusato di appropriazione indebita e di associazione per delinquere, che in serata ha fatto il suo ingresso nel carcere romano di Rebibbia. A favore della richiesta del gip di Roma si sono espressi in 155: tutto il Partito democratico, l’Idv, la Lega, l’Udc, l’Mpa e altri senatori in ordine sparso mentre il Pdl ha scelto di non partecipare al voto. Eppure in 13 hanno creduto all’autodifesa pronunciata in Aula da Lusi: hanno infatti detto di no all’arresto Diana De Feo (moglie di Emilio Fede), Sergio De Gregorio, Marcello d0ell’Utri, Piero Longo, Marcello Pera e Guido Possa del Pdl; Valerio Carrara, Mario Ferrara, Salvo Fleres, Elio Massimo Palmizio e Riccardo Villari del gruppo Coesione nazionale; Antonio Del Pennino e Alberto Tedesco del gruppo misto.
Dietro questo voto storico — che rappresenta «uno spartiacque, prima e dopo Lusi», per usare le parole di Luigi Zanda del Pd — si è consumato un braccio di ferro sulla possibilità  di ricorrere al voto segreto anche questa volta. Lo scrutinio non palese lo ha invocato Lusi (che comunque non ha votato su se stesso) e lo ha inseguito fino all’ultimo minuto il Pdl per «non creare un precedente». A metà  giornata, dunque, ben due terzi del gruppo del Pdl aveva sposato la linea di Nitto Francesco Palma che mirava a fare filotto: astenersi dal voto, «per mettere il Pd davanti alle sue responsabilità », e far chiedere in ogni caso il voto segreto. L’operazione, però, è stata stoppata.
Così, dopo il voto, Maurizio Gasparri (Pdl) ha potuto dire che «col voto segreto si sarebbe visto un altro film» e che «il caso Lusi è solo all’inizio», rimpolpando la linea lanciata in Aula da un vigoroso intervento di Marcello Pera: «Lusi ha chiamato in causa altri dirigenti, senatori presenti in quest’aula, che sono parte in causa e che ora voteranno per il suo arresto. Se Lusi è un mariuolo, come lo definisce Rutelli, devo però pensare che Rutelli non si sia accorto di nulla…».
La seduta — partecipata come non mai, tanto che il presidente Renato Schifani ha atteso che tutti prendessero posto prima di dare la parola a Lusi — è stata caratterizzata dal tiro al bersaglio sugli ex dirigenti della Margherita presenti. Che a sorpresa sono stati chiamati in causa anche quando Luigi Li Gotti (Idv) ha chiesto perché mai «in un Paese dove si sequestra tutto, la procura di Roma non ha fatto sequestrare i libri contabili della Margherita». Tuttavia Francesco Rutelli, leader dell’Api ed ex presidente della Margherita, non è caduto nella provocazione. L’ex sindaco di Roma ha seguito con comprensibile attenzione il dibattito — ma non ha mai guardato in faccia Lusi, che sedeva una decina di metri alla sua sinistra — e alla fine ha deciso di non votare (mentre Enzo Bianco ha detto sì all’arresto) affidando un suo commento a un comunicato: «Dopo mesi in cui ho difeso il mio onore e quello della Margherita con le unghie e con i denti, oggi ho ritenuto opportuno non parlare come accusatore politico, né votare, poiché rappresento la parte offesa, cioè le numerose vittime. È toccato al Senato, nella sua libertà , decidere».
Lusi, ha detto in definitiva Luigi Zanda per giustificare il voto favorevole del Pd, «investiva i soldi del partito in immobili per alimentare la sua carriera politica e li trasformava pure in abitazioni di famiglia. Si concedeva viaggi di lusso… Ecco, come si fa a credere che sia vittima del fumus persecutionis? In realtà  nessun cittadino ci crede…».

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