Via da casa, si dorme in auto “Duecentomila sfollati nel quadrilatero della paura”

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Bisogna arrivare all’alba, per capire quanti sono gli sfollati. Vedi le case chiuse e le strade piene di auto, quasi sempre due persone per macchina. Persone che si avvolgono nelle coperte alla ricerca di qualche altro minuto di riposo. Capisci che ci sono bimbi piccoli vedendo i biberon sul cruscotto. Vedi le tende nei giardini, negli spartitraffico, nei parchi e nei campi. Anche il sindaco di Novi, Luisa Turci, è uscita da poco dalla sua camera a quattro ruote. «Nel mio Comune ci sono 11.000 abitanti, frazioni comprese, e gli sfollati – comprese le persone che potrebbero avere la casa agibile ma che non ci entrano da tre giorni per paura delle scosse – sono 11.000. Nessuno dorme sotto un tetto di coppi e cemento». Sarà  difficile che nelle prossime ore si torni nelle case. Le scosse arrivano una dopo l’altra come pugni nello stomaco. Alle 17 un sisma magnitudo 4, alle 20,55 una scossa del 3,6 e la scossa più dura, 4,2, alle 21,04. Il terremoto non si ferma, anzi sembra conquistare ogni giorno nuovi territori. Il confine del sisma, martedì mattina, quando è arrivata la grande scossa, sembrava qui, fra Rovereto e Concordia, che si guardano l’un l’altro dagli argini del fiume Secchia. Ma con le verifiche dei danni si scopre che il terremoto è andato oltre, ha superato Carpi, si è esteso a Moglia e nel mantovano.
A Carpi è ormai difficile trovare un posto, lontano dalle case, dove mettere l’auto per la notte o montare una tenda. «Noi siamo fuori dall’epicentro del sisma – dice il sindaco, Enrico Campedelli – perché abbiamo avuto danni e crolli ma non come a Mirandola o San Felice. Eppure anche nella mia città , 70.000 abitanti, nessuno dorme in casa. Con i volontari, il Comune ha organizzato un soccorso notturno. C’è chi gira per i giardini per offrire una bottiglia d’acqua o una coperta. Ho chiesto alle parrocchie, ai centri anziani e ai centri sportivi di restare aperti tutta notte, perché chi sta in auto possa trovare un bagno o una persona con cui fare due chiacchiere. Le tendopoli no, non le ho messe. Se le tiri su non vanno più via e la Protezione civile dice: “Avete la tendopoli? Allora l’emergenza è finita e noi possiamo andarcene”. Abbiamo sistemato le persone fragili – soprattutto anziani e disabili – nelle palestre, alcuni le abbiamo mandate negli hotel della montagna. Seicento in tutto. La cosa più urgente, adesso, è fare tante verifiche nelle case, per dare via libera a chi può rientrare. Ma le case sono migliaia e le squadre troppo poche». 
Anche a Mirandola, nel cuore del sisma, il sindaco conferma che gli sfollati non sono soltanto i 15mila annunciati dalla Protezione civile (che ha contato chi è ospite nelle tendopoli o in altri rifugi). «La mia città  – dice Maino Benatti – ha 25.000 abitanti e lo stesso numero di sfollati. Stanotte alle 4 ho fatto il giro attorno al centro storico e nelle periferie, nessuno era in casa». Mirandola fa parte della zona nord del modenese, assieme a Medolla, Cavezzo, Camposanto, Concordia, Finale, San Felice, San Prospero, San Possidonio. Insieme superano gli 85mila abitanti. Sommando gli 81.000 residenti fra Carpi e Novi, si arriva a 166.000 persone fuori casa. E poi ci sono gli sfollati di Correggio, Rolo, Reggiolo, Moglia… Si può calcolare un numero attorno alle 200.000 persone, anche lasciando fuori le decine di migliaia di abitanti del ferrarese, colpiti soprattutto dal primo sisma del 20 maggio.
A Concordia solo adesso si sta superando la prima emergenza. «Può sembrare paradossale – racconta il sindaco Carlo Marchini – ma il problema più immediato per noi è stato trovare dei gabinetti chimici. Per due giorni, martedì e mercoledì, la mia città  di 9.000 abitanti – tutti fuori casa – ha avuto a disposizione quattro toilette in tutto, quelle della polisportiva. La Regione ci ha detto che poteva mandarne solo 15, io ne ho ottenuto 26, e così oltre che nella tendopoli che la Croce rossa sta finendo di montare nel campo sportivo, ne posso mettere qualcuno nella tante tendopoli spontanee sparse nei parchi. Ho il centro storico che è tutta zona rossa, sono crollate palazzi, case e chiese, e per due giorni devi lottare per trovare i bagni chimici».
C’è anche una tenda che sembra un reparto geriatria di un ospedale, accanto alla polisportiva. «L’abbiamo costruita già  martedì notte – dice Giorgio Randi, coordinatore del 118 – per mettere al riparo gli anziani malati che abitavano in centro. Quindici sono allettati, hanno bisogno non di una tenda ma di un’assistenza intensa. Li stiamo trasferendo in ospedali e case di riposo». La Croce rossa sta distribuendo i primi pasti. A San Possidonio c’è il campo 2, dove sono arrivati i Tir della Protezione civile del Lazio. «Ma noi – dice con orgoglio Massimiliano Gardosi, della Protezione locale – già  la prima notte dopo la botta siamo riusciti a mettere 150 persone sotto un tendone. Adesso quelli del Lazio stanno preparando tende con 400 posti, la mensa e la cucina. Ma secondo me le tende non vanno bene per gli anziani. Oggi, con il sole, lì sotto ci sono 39 gradi. Cerchiamo di mandarli in collina, i nostri vecchi, stiamo organizzando un primo pullman». Sotto il tendone, che sembra quello di un circo, donne e uomini aspettano il posto. «Guardi, dove passano questi soccorritori del nostro paese – raccontano Renzo Giubertoni e Benito Vaccari – bisognerebbe baciare la terra. Sono venuti a prenderci subito dopo la scossa e a mezzogiorno avevamo già  da mangiare. La Possidiese Calcio – noi siamo nel loro impianto – ha anche una cucina. Alle 11 di sera passano di tenda in tenda, a chiedere se hai bisogno di un’altra coperta, se vuoi del latte caldo. A servirci a tavola arriva anche Ciro, che ha solo 13 anni, ma vuole “lavorare” e così si sente importante». «Le tende non sono ancora tutte prenotate – dice Massimiliano Gardosi – perché quasi tutti dormono in auto. Ma nei prossimi giorni arriveranno da noi. Tre notti in macchina ti spaccano la schiena».
Nella strada che va verso Rovereto anche i vigneti e i peschi, coperti dalle reti antigrandine messe a casetta, sembrano tendopoli. A Forcello, di un’intera casa colonica, è rimasta in piedi sono una Madonna di Fatima, davanti a un roseto. In un prato decine di tende, soprattutto canadesi. «Ci siamo organizzati da soli – raccontano Rino Marchetti, 80 anni e Michele Scala, 43 anni – perché sa, nei centri piccoli, i soccorsi arrivano tardi». Nessuno si lamenta, anzi. «I vigili del Comune, ogni giorno, ci portano i pasti. Certo, noi ci diamo da fare. Abbiamo affittato per un mese un bagno chimico e abbiamo chiesto a una ditta di portarci questo cassone di Tir. Ci abbiamo messo dentro i tavoli, così ci mangiamo la sera. E se piove, fuori i tavoli e dentro i letti, e ci andiamo a dormire».
A Rovereto, a gestire la mensa, ci sono gli scout. «Certo – dice Agnese Boccaletti – se ci mandassero una cucina da campo, sarebbe meglio. Cuociamo la pasta, oggi alla crudaiola, su questi fornelli a gas messi sull’erba». Oggi è già  partito il secondo pullman per portare i vecchi in montagna, a Pavullo e Fanano. Massimiliano, 12 anni, esploratore scout, consegna i piatti di pasta e poi corre via. «Devo fare il sorvegliante del centro. Oggi non deve passare nessuno, nemmeno a piedi». I vigili bloccano tutti. C’è un distributore di benzina che ha avuto seri danni e potrebbe esplodere. Chiesa e palazzi crollati, strade vuote. Sembra davvero di essere in un paese perduto.


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