Uno scudo che difende Italia e Spagna funziona così il piano targato Roma
by Editore | 29 Giugno 2012 6:45
La febbre è alta e il “paracetamolo” serve subito. Monti imprime un’accelerazione improvvisa alla proposta tutta italiana di far scendere la temperatura sui mercati dei titoli di Stato. Ovvero mettere in campo, già nei prossimi giorni, uno scudo Salva-Spread, per impedire al differenziale tra Btp-Bund, ma anche Bonos-Bund, di rendere insostenibile le condizioni a cui Italia e Spagna – i Paesi ora sotto l’attacco della speculazione – si finanziano. Nel vertice a 4 di Roma, venerdì scorso, la soluzione aveva trovato la sponda di Madrid e Parigi. Non quella di Berlino. La cui ostilità prosegue in queste ore frenetiche di trattative a Bruxelles. Il meccanismo prevede l’acquisto di titoli sul mercato secondario da parte dei fondi Salva-Stati (Efsf o Esm), che a loro volta potrebbero finanziarsi presso la Bce, quando lo scarto rispetto ai titoli tedeschi dovesse oltrepassare una data soglia. La discussione su questo tipo di firewall ha accantonato, per ora, il confronto sull’unione bancaria, fiscale e politica, proposta dai “quattro presidenti” (Van Rompuy, Draghi, Barroso, Juncker).
I rendimenti / Il Salva-Stati compra titoli dei Paesi che tagliano il deficit
IL VETO italiano all’accordo finale ruota attorno al “Salva- Spread”, uno scudo da innescare per raffreddare il differenziale tra i rendimenti dei titoli decennali dei diversi Paesi con il Bund tedesco. Un’idea, questa del freno ai tassi, promossa e sollecitata con forza dallo stesso premier Monti già al vertice di Roma e che riscuote consensi anche a Parigi e soprattutto a Madrid. Ma osteggiata dalla Merkel. Il meccanismo scatterebbe per i Paesi che “hanno fatto i compiti a casa” – le riforme e i tagli – qualora la soglia dello scarto (Btp-Bund, ad esempio) superasse un certo limite (250-300 punti). A quel punto, il fondo Salva- Stati (che si finanzia dalla Bce) interviene e compra titoli sul mercato secondario, facendo scendere la febbre.
Le banche / Liquidità agli istituti in affanno garanzia comunitaria ai correntisti
Tutelare i correntisti, ripristinare la fiducia e contenere le turbolenze. Obiettivi alla base dell’unione bancaria, progetto che a Bruxelles si riteneva, prima del veto italiano, a portata di mano, (entro l’anno). Perno dell’unione è la vigilanza comune, una “cabina di regia” da affidare alla Bce (ma l’Inghilterra preme per l’Eba), per sorvegliare due fondi europei. Il primo a garanzia dei depositi, il secondo per la pronta e indolore liquidazione delle banche fallite. Il piano è monco, però, della possibilità di iniettare direttamente capitali nelle banche in difficoltà . I fondi Salva-Stati oggi esistenti (Efsf ed Esm) non possono farlo. Anzi, quando intervengono, fanno lievitare il debito dei Paesi soccorsi. A meno di dotare l’Esm di licenza bancaria, come si propone in queste ore.
Il risparmio / Crescita, misure sul binario morto ed ora rischia anche la Tobin tax
Le tensioni sul “firewall” – lo scudo Salva-Spread hanno ostacolato l’esame del piano per la crescita da 130 miliardi, annunciato venerdì scorso a Roma da Merkel Hollande-Monti- Rajoy. «Il Consiglio europeo è vicino a un accordo sul Patto», ha tentato di rassicurare in nottata il presidente Van Rompuy. Ma la discussione «resta aperta» perché legata appunto a quella sulla stabilità finanziaria. Il pacchetto, pari all’1% appena del Pil europeo, doveva servire a mobilitare risorse per sostenere lo sviluppo. Veicolate da strumenti quali i project bond, per rilanciare le infrastrutture e gli investimenti, ma anche da fondi europei poco o male utilizzati. Altra proposta per ora accantonata, ma su cui c’era consenso, è la Tobin tax.
L’Unione politica / Veto di Bruxelles sulle Finanziarie piano ambizioso, serviranno anni
Se l’unione bancaria appare il salvagente più a portata di mano (ma si dibatte su ogni virgola), il piano dei “quattro presidenti” prevede altri tre corposi capitoli, da realizzare negli anni che verranno. Primo, l’unione fiscale: ovvero il controllo stretto di Bruxelles sui diversi bilanci (deficit e debito), anche preventivo, in fase di definizione delle “finanziarie”. Secondo, lo sviluppo: coordinamento fiscale, mobilità dei lavoratori e misure per spingere i governi a realizzare quanto varato. Terzo, l’Unione politica: trasferimento di fette sempre più ampie di sovranità alla Ue, con un ministro delle Finanze centrale e, forse, un presidente della Commissione eletto dai cittadini.