Unicredit scarica il socio-cliente Ligresti “A noi le azioni se non vota la fusione”

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    MILANO â€” «Noi andiamo avanti sull’ipotesi di sempre», ha risposto Federico Ghizzoni, ad di Unicredit, a chi gli chiedeva se le banche fossero disponibili a valutare l’offerta su Fondiaria-Sai avanzata dai fondi Sator e Palladio. «Noi non cambiamo parere, siamo disposti ad approvare la ristrutturazione del debito Premafin ed è appena terminato un nostro cda che ha approvato il tutto, ma anche l’inizio dell’escussione nel caso in cui non ci sia l’approvazione da parte dell’assemblea ». Dunque Unicredit, a capo del pool di creditori esposti complessivamente per circa 700 milioni nei confronti delle holding dei Ligresti, fa la voce grossa. È bastato un anno di coabitazione con la famiglia Ligresti nel controllo di Fonsai per far precipitare la situazione. Lo stesso Ghizzoni, esattamente un anno fa, schierava Unicredit al fianco dei
Ligresti e diventava azionista di Fonsai al 6,6% con un investimento complessivo di 170 milioni, acquistando i diritti dell’aumento di capitale da Premafin a un prezzo esagerato. Fu grazie a questi soldi che i Ligresti riuscirono a mantenere la presa sul gruppo con il 35% nonostante la diluizione. E a coronamento dell’alleanza Premafin e Unicredit siglavano un bel patto di sindacato che prevedeva l’ingresso di tre membri della banca nel cda di Fonsai, oltre a una serie di diritti
su una serie di materie delicate, tra cui gli aumenti con esclusione del diritto di opzione e la co-vendita se Premafin avesse ceduto più del 10% di Fonsai. Insomma, Unicredit da un anno è azionista e co-controllante di Fonsai oltre a essere già  il principale creditore del gruppo, tanto che la Consob, interpellata sull’esenzione Opa, scriveva: «Va considerata con particolare attenzione la “sovrapposizione”, in capo a Unicredit, dello status di azionista legato dal patto al socio di maggioranza
e del ruolo di principale finanziatore della controllante di Fonsai, che potrebbe condurre a ritenere presenti i presupposti per il futuro esercizio, da parte della banca, di un’influenza nei confronti di Premafin». Il legame si stringeva ancor di più poche settimane dopo quando Unicredit e il pool di banche rinegoziavano a favore di Premafin il prestito di 322,5 milioni erogato nel 2004 e offriva nuovi prestiti alle holding più a monte, Sinergia e Imco, le cui esposizioni salivano
così a 335 milioni. Pare, dunque, difficile sostenere che l’Unicredit che oggi chiede l’escussione del pegno non sia essa stessa corresponsabile della situazione che si è venuta a creare, visto che la famiglia nell’ultimo anno ha fatto un passo indietro dalla gestione mentre gli uomini Unicredit avevano pieno accesso alla stanza dei bottoni. Ma Unicredit e Mediobanca hanno deciso che i Ligresti vanno scaricati perché non vogliono ubbidire e avallare la fusione con Unipol. Tuttavia c’è da chiedersi con quale cappello la banca stia operando, se con quello di azionista forte o del creditore. La quota del 35% di Fonsai che si ritroverebbe in mano, infatti, vale circa 150 milioni a prezzi di escussione, mentre la sua esposizione viaggia sui 370 milioni. Come intende Unicredit colmare questo gap e assicurare a Fonsai l’aumento di capitale di cui ha bisogno?


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