Un ministero delle Finanze europeo per salvare la moneta unica Nel piano Ue-Bce il debito condiviso

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Eccolo il piano dell’Unione per rispondere alla crisi dell’euro. Sette attesissime pagine che il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha scritto con Draghi (Bce), Barroso (Commissione) e Juncker (Eurogruppo). Per molti versi il piano per il futuro dell’Ue è rivoluzionario. Prevede che Bruxelles possa riscrivere le manovre dei governi, crea un vero e proprio ministro delle Finanze europeo, disegna l’Unione bancaria e apre alla condivisione del debito. Ma ha un difetto: la sua completa realizzazione, lo scrive lo stesso Van Rompuy, richiede la riscrittura dei Trattati, un lavoro che necessita tra i 5 e i 10 anni.
Dunque non farà  in tempo a salvare la moneta unica dalla crisi che in queste ore ne sta minacciando la sopravvivenza. È per questo che molti governi, come quelli di Italia e Francia, chiedono che sui pilastri più urgenti si acceleri con una vera e propria road map per dare certezze ai mercati. Ma sarà  dura visto che le posizioni delle capitali restano lontanissime. Su questo – oltre alla necessità  di creare subito uno scudo antispread – verteranno gran parte delle discussioni al vertice di Bruxelles.
Oltre al piano per le riforme dell’Unione c’è la bozza di conclusioni del vertice che contiene il Compact for Growth and Jobs, il piano per la crescita che dovrebbe fare da contraltare al Fiscal Compact. Con una differenza: quello sul rigore è un vero e proprio trattato con obblighi e sanzioni che oltretutto verrà  rinforzato dalle riforme di Van Rompuy. Quello per la crescita, invece, non è così stringente. Ma per il governo italiano rappresenta comunque un successo. Basta pensare che interi passaggi del documento sono stati fisicamente redatti dalle parti di Palazzo Chigi e duramente negoziati da Monti e Moavero. Ci sono i 130 miliardi per la crescita (Project Bond, Banca europea degli investimenti e fondi strutturali) che grazie a un gioco di prestigio lievitano (i 60 miliardi della Bei diventano 180 grazie all’effetto volano sugli investimenti privati). C’è la
riforma del mercato unico chiesta da Monti per rilanciare la crescita (si abbattono definitivamente le barriere tra Stati, come negli Usa), il mercato unico del digitale (entro il 2015) chiesto sempre da Roma, come il mercato interno dell’energia (2014). C’è l’impegno a rivolgere alla crescita il bilancio 2014-2020 dell’Ue, battaglia tutta italiana, e si apre a una mini Golden Rule, cavallo di battaglia del Professore. Eppure potrebbe non bastare. Il piano per la crescita era stato chiesto a gennaio, ma nel frattempo la crisi si è aggravata. Le riforme istituzionali avranno invece bisogno di anni.
Per questo il successo del summit si misurerà  sulla capacità  dei leader di mettere in piedi uno scudo immediato che blocchi la marcia degli spread dando il tempo all’Unione di lavorare sul suo futuro.

Il credito / Salvataggi, vigilanza e garanzie centralizzati ecco come funzionerà  l’Unione bancaria    


Il piano di Van Rompuy ha quattro pilastri: Unione bancaria, dei bilanci ed economica (la Merkel le chiama Unione politica), legittimazione democratica. Quest’ultimo punto è il più scarno, si limita a dire che viste le cessioni di sovranità  sui conti in favore di Bruxelles ci dovrà  essere un ruolo maggiore del Parlamento europeo e di quelli nazionali. La ciccia sta invece altrove, come nell’Unione bancaria. Proposta dalla Commissione a maggio, Van Rompuy la fa sua con l’intento di spezzare il legame perverso tra banche e debiti nazionali, entità  che in questi mesi si sono indeboliti a vicenda. Prevede uno schema europeo di assicurazione dei depositi per frenare la fuga di capitali dai Paesi sotto attacco, un “fondo di risoluzione” delle banche, ovvero un meccanismo unico per il salvataggio (per non appesantire i già  stremati bilanci nazionali), e una vigilanza europea sulle banche da affidare alla Bce (i tedeschi vorrebbero un’autorità  ad hoc). La Commissione dice di aver bisogno di un anno per la creazione dell’Unione bancaria, ma nelle conclusioni del vertice si auspica che sia messa in piedi entro il 2012. Difficile che i Paesi del Nord accettino.

I conti pubblici / Le manovre finanziarie dei singoli Stati potranno essere riscritte da Bruxelles    


Van Rompuy nel documento scrive che ormai «nessun Paese può decidere da solo le sue politiche economiche perché poi queste hanno effetti che si propagano rapidamente su tutta l’area euro. Per questo ci devono essere misure che assicurino che non ci siano contagi nell’eurozona ». È una risposta a lungo termine ai terremoti che in questi anni hanno squassato la moneta unica. Ecco come evitarli: il presidente del Consiglio europeo propone che gli importi delle finanziarie e le quantità  dei debiti nazionali siano concordati in comune tra governi e Bruxelles. Per superare questi tetti c’è bisogno di un via libera europeo preventivo. Insomma, solo in determinate circostanze i governi avranno l’ok a spendere più del previsto. «Di conseguenza – si legge nel rapporto – a livello di area euro (non si specifica se saranno i ministri delle finanze o la Commissione europea, ndr) sarà  possibile richiedere cambiamenti delle manovre nazionali se sono in violazione delle regole, sempre tenendo in conto l’equità  sociale». Insomma, l’Europa avrà  il potere di modificare le finanziarie scritte dai governi prima che queste sbrachino in Parlamento.

L’esposizione / Dagli Eurobills al Fondo di redenzione le opzioni per l’indebitamento comune    


Solo dopo questi progressi sul controllo dei bilanci nazionali – sposando l’approccio chiesto dalla Merkel – Van Rompuy parla della «possibilità  di esplorare la questione del debito comune». Non vengono citati apertamente gli Eurobond, a differenza delle bozze iniziali del piano. Un modo per tranquillizzare i tedeschi. Ecco perché «il processo verso un debito comune deve essere soggetto a regole e arrivare a fasi ». Van Rompuy parla di diverse opzioni sul tavolo per arrivare a una parziale emissione di debito comune, come quella di titoli a breve termine (non li cita, ma parla degli Eurobills, piccoli Eurobond tanto per durata quanto per quantità ) e del Fondo di redenzione, un contenitore ideato dai “saggi indipendenti” per l’economia nominati dal governo tedesco che dovrebbe contenere la parte eccedente del debito rispetto ai criteri di Maastricht (ovvero al 60% del Pil) di ogni Paese. Questo fondo avrebbe una garanzia europea – liberando i governi dal peso degli spread – e impegnerebbe le capitali a tagliare il debito eccessivo fino a smaltirlo entro 20 anni.

Le finanze / Nascerà  un ufficio del Tesoro continentale che coordinerà  i bilanci a livello federale    


Per invogliare la Germania e gli altri rigoristi – come Finlandia e Olanda – ad accettare il Fondo di redenzione e gli Eurobills, Van Rompuy propone di andare oltre. Se si otterranno questi successi in nome della solidarietà  tra le nazioni, allora si potrà  coronare il sogno dei governi che mantengono il rating a tripla A. Ecco la formulazione scelta dal presidente del Consiglio europeo per lanciare l’amo ai paladini del rigore: «Una completa Unione fiscale (ovvero di bilancio, ndr) implica lo sviluppo di maggiori capacità  a livello europeo di gestire le interdipendenze economiche. In ultimo si tratta di sviluppare un soggetto fiscale a livello di eurozona, un ufficio del Tesoro». Si tratta di un vero e proprio ministro delle Finanze Ue, idea che non dispiace alla Merkel, la quale aveva già  proposto un pool di ministri europei che gestisse le finanze dei Paesi spendaccioni. Il nuovo ministro delle Finanze Ue avrebbe il compito non solo di gestire un bilancio centrale, ma «di regolare le sue derivazioni e ripercussioni nei bilanci nazionali». Insomma, la vera stretta in cui Bruxelles coordinerebbe tutte le finanze delle Nazioni della moneta unica.

La politica / Più poteri al Parlamento di Strasburgo ma la riforma richiederà  cinque anni    


Nel momento in cui propone una maggiore integrazione europea, con una conseguente cessione di sovranità  da parte degli Stati nazionali, Van Rompuy parla di legittimazione democratica dell’Unione. Su questo punto è fumoso, parla semplicemente di maggiore coinvolgimento dell’Europarlamento e dei Parlamenti nazionali» per controllare i nuovi poteri di Bruxelles. Lo stesso presidente del Consiglio europeo ricorda che per realizzare il piano ci vorranno 5-10 anni. Come tappa di partenza, propone di fare il punto della situazione a un vertice straordinario ad hoc – da convocare ad ottobre – e poi di lanciare la vera e propria road map per le riforme istituzionali a dicembre. Oltre alla lunghezza del processo, che rende la proposta quindi poco spendibile sui mercati, ci sarebbero le incognite dei negoziati tra governi nel momento in cui saranno chiamati a cambiare i Trattati europei e poi i rischi delle ratifiche, con molti Paesi – non solo la Francia – tradizionalmente restii a cedere sovranità .

Lo sviluppo / Golden rule, Tobin tax e 130 miliardi di risorse i “Ventisette” provano ad avviare la ripresa    


Il consiglio europeo di Bruxelles approverà  anche il piano per la crescita che contiene tutte le richieste italiane. Oltre ai 130 miliardi per lo sviluppo economico annunciati settimana scorsa al termine della quadrilaterale di Roma, alla riforma del mercato interno e alla creazione di quello digitale ed energetico, ci sono una serie di altre misure. I leader chiederanno alla Commissione europea di scrivere un piano d’azione contro l’evasione fiscale. Verrà  lanciata la Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, a livello di “cooperazione rafforzata”. Ovvero con il sì di almeno nove governi, un modo per superare i veti della Gran Bretagna e del Lussemburgo. Si parla di un taglio dei costi della burocrazia, innovazione e mobilità  dei lavoratori nelle diverse aree europee. Infine, anche questa è una richiesta contenuta nella lettera firmata lo scorso inverno da 12 Paesi su iniziativa italiana, un approfondimento dei rapporti commerciai con il resto del mondo. In forma indiretta si darà  anche il via libera alla Golden Rule di Monti, la possibilità  di non contare nel deficit gli investimenti pubblici che generano crescita.


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