Tarantola, in viale Mazzini la signora della vigilanza bancaria

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ROMA — Ha deciso d’istinto, non si è presa tempo per dare la sua disponibilità , ma quella del premier Mario Monti era una chiamata a cui non poteva dire di no. Come molti in Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola è infatti convinta di svolgere un’attività  al servizio del pubblico e dell’interesse generale, tipica del civil servant. E poi il mandato di riorganizzare, dalle basi, la governance della Rai era una sfida che non poteva non raccogliere.
Anche perché proprio sulla riforma del governo societario, in linea con le regole internazionali, ha incentrato negli ultimi anni i suoi studi e il suo lavoro da dirigente della Banca d’Italia dove fa parte della squadra di comando, il Direttorio, come vicedirettore generale. Tarantola è una signora gentile e pacata, ma anche molto determinata. Ed è su quest’ultima dote, unita alla sua neutralità  rispetto alle pressioni della politica, che Monti ha puntato indicandola per l’incarico di presidente della Rai.
A viale Mazzini arriva da via Nazionale, dove è approdata dopo la laurea in Economia alla Cattolica e la specializzazione alla London of School Economics, e dove ha svolto tutta la sua carriera, intrecciandola i primi anni con l’insegnamento all’Università  accanto al Professor Luigi Frey.
La nuova presidente della Rai è nata a Casalpusterlengo il 3 febbraio del 1945, ma si è trasferita presto a Milano con la famiglia, («una famiglia semplice come tante altre» ama dire). Di sé ricorda di essere stata una studentessa studiosa e divoratrice di libri. Ma ora chi la conosce meglio la definisce una grande lavoratrice, sempre attenta allo studio, e amante della lettura e della musica classica ma solo quando e se può. Al lavoro si sottrae principalmente per dedicare il tempo alla famiglia, al marito, un commercialista fiscalista milanese, e alle due figlie Cristina e Paola che hanno una bimba ciascuna. Ed è proprio Cristina, medico biologo che vive e lavora in Germania, che oggi andrà  a trovare come aveva programmato prima della nomina alla Rai. In Banca d’Italia Tarantola è entrata a Milano rimanendoci 20 anni e compiendo nella sede tutti i gradini della carriera. Dopo è stata a Varese, a Brescia e quindi a Bologna, ma la sua casa non l’ha mai trasferita dal capoluogo lombardo. Neanche quando il neogovernatore di allora Mario Draghi nel 2006 l’ha chiamata a Roma, affidandole prima l’incarico di Ragioniere generale per razionalizzare i numeri del bilancio dell’Istituto, e poi di capo della Vigilanza. Un incarico prestigioso e delicato quest’ultimo, che ha consentito a Tarantola di mettere in luce tutta la sua fermezza come sa bene più di un banchiere che si è scontrato con lei, sperimentando che modi pacati e sorridenti, o abiti color pastello, possono anche non essere la manifestazione di fragilità . Il passo successivo è stato l’ingresso nel Direttorio, prima donna ad entrare nella stanza dei bottoni di Palazzo Koch. Un evento di cui Tarantola non ha ignorato il significato. Anzi. In Banca d’Italia, ma non solo, è stata un punto di riferimento dell’azione delle donne in cerca di percorsi più lineari per progredire nella carriera senza rinunciare al ruolo privato. Lei ha sempre affermato di non avere avuto grossi problemi ad affermarsi e a gestire come donna i rapporti di lavoro ma ha anche sostenuto che per cambiare veramente le cose, nelle banche e altrove, bisogna trasformare i modelli organizzativi e gli atteggiamenti concreti. In Rai, c’è da attenderselo, farà  anche questo. Assieme alla riforma della governance e al risanamento dei conti.


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