Sollevamenti e cedimenti, i misteri del sisma

by Editore | 9 Giugno 2012 14:51

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«Nel caso di una ripresa dell’attività  sismica nell’area già  interessata dalla sequenza in corso, è significativa la probabilità  che si attivi il segmento tra Finale Emilia e Ferrara con eventi paragonabili ai maggiori eventi registrati nella sequenza; non si può altresì escludere l’eventualità  che, pur con minore probabilità , l’attività  sismica si estenda in aree limitrofe a quella già  attivata sino a ora». Questa affermazione della commissione Grandi rischi diffusa ieri ha posto molte domande. «Per quello che ci insegnano le statistiche storiche e le sequenze sismiche delle scorse settimane — dice Stefano Gresta, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia Ingv — non possiamo escludere che altri terremoti si possano manifestare ma arrivare a dire che esista una significativa probabilità  che accada mi sembra azzardato. Non abbiamo le conoscenze scientifiche per sostenerlo».
I sismologi dell’Ingv dal primo terremoto violento del 20 maggio e in seguito hanno spiegato che l’area della Pianura Padana si era caricata di energia nelle ultime centinaia di anni e che con la prima grande scossa della magnitudo di 5.9 gradi della scala Richter e le successive altrettanto significative oltre il quinto grado, il sottosuolo si stava liberando di questa energia. Se tale processo si sia concluso del tutto nessun geofisico lo afferma; anzi, si è detto che la terra potrebbe tremare ancora per la semplice ragione che «anche se le scosse stanno riducendosi nell’area colpita — continua Gresta —, non sappiamo quanta altra energia sia ancora disponibile. Il fenomeno è complesso e non abbiamo le conoscenze di quanto sia accaduto nel sottosuolo. Perciò esistono dei limiti nel prevedere l’evoluzione del fenomeno che non vanno superati. Quindi, non riesco a capire l’affermazione della Commissione».
Il settore «Rischio sismico» della commissione Grandi rischi presieduta dal fisico Luciano Maiani e formato da 11 esperti (geotecnici, geofisici, ingegneri e un architetto), si era riunito nei giorni scorsi per esaminare i fatti accaduti in Emilia preparando un documento diffuso dalla presidenza del Consiglio dei ministri. «L’ipotesi pronunciata è forte e non si basa sui comportamenti osservati nelle scorse settimane — aggiunge il presidente dell’Ingv —. Inoltre non deriva da una valutazione dei nostri ricercatori sismologi, nessuno dei quali è rappresentato nella commissione mentre forse sarebbe opportuno. Il fatto che non si possa escludere un altro sisma non significa che esista la probabilità  che avvenga. La “probabilità ” ha un significato diverso. Certo potrebbe continuare ma è impossibile dire in che modo e quando: fra giorni, settimane o mesi».
Le valutazioni espresse dalla commissione Grandi rischi hanno sorpreso non poco anche il professor Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e protagonista del vigoroso rafforzamento dato all’Istituto negli ultimi decenni. «Non si possono fare previsioni del genere — sottolinea Boschi — e, se si è certi, si deve spiegare come si è arrivati a simili conclusioni. Se invece si rimane nella genericità , allora questo criterio di rischio vale per qualunque luogo della nostra Penisola e in qualsiasi momento. Io sarei più preoccupato per la zona della Sicilia o del Pollino dove si registra un’intensificazione delle scosse».
Ora i ricercatori sono impegnati nell’analisi dei dati raccolti sia a terra che nello spazio attraverso i quattro satelliti CosmoSkymed dell’Agenzia spaziale italiana Asi. «Con le mappe fornite dall’Asi — precisa Eugenio Sansosti dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Cnr — abbiamo potuto stabilire che l’area coinvolta dai sismi tra Mirandola e San Felice sul Panaro dal 27 maggio a 4 giugno si è sollevata di 12 centimetri. Invece non abbiamo una precisa spiegazione dell’abbassamento del suolo di quattro centimetri avvenuto nella zona di Finale Emilia: potrebbe essere un assestamento non legato al sisma. Questi dati serviranno a elaborare dei modelli matematici finalizzati a ricostruire ciò che è successo nel sottosuolo, vale a dire il meccanismo che ha innescato il sisma». 
Mentre gli scienziati seguono il fenomeno e cercano di spiegarlo con la cautela necessaria alla limitatezza delle conoscenze e dei mezzi d’indagine, al di fuori dei confini della sismologia sembra emergere un «principio di precauzione» per sfuggire alle responsabilità . Sarebbe invece indispensabile aumentare la consapevolezza di vivere in un uno dei Paesi a maggior rischio sismico impegnandoci seriamente nella prevenzione.

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