by Editore | 5 Giugno 2012 6:19
Il risultato delle elezioni comunali sancisce certamente la crisi della destra berlusconiana, ma neanche il Pd ha grossi motivi di compiacimento. A Palermo, e credo che questo sia un risultato fortemente innovatore e significativo, dopo che le fratture interne al Pd hanno affondato la candidatura di Rita Borsellino e attraverso primarie inquinate da interventi esterni all’area elettorale del centro-sinistra e addirittura da brogli sottoposti all’azione giudiziaria, ha trionfato Leoluca Orlando, esponente di rilievo nazionale di Idv (il partito che ha contribuito in modo determinante, con la raccolta delle firme per il referendum contro il nucleare, anche alla vittoria dei referendum contro la privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici del 12 e 13 giugno 2011).
Al successo di Orlando hanno certamente contribuito la forza della sua personalità e della sua proposta, la scelta degli assessori e collaboratori, che segnano un netto cambiamento rispetto sia alla prima sindacatura di un Orlando sostenuto dalla Dc, in quel momento dominata da Lima, e dalla corrente occhettiana e migliorista del Pci, sia nella seconda sindacatura in cui Orlando, rompendo con la Dc e creando “La Rete”, fenomeno in gran parte palermitano o al massimo isolano, ha per la prima volta insediato al Comune di Palermo un’amministrazione che interrompeva il dominio con il sistema di potere mafioso che era stato installato, a partire dal 1943 con la sindacatura di Lucio Tasca, separatista, latifondista collegato, anche prima dell’arrivo degli alleati, con la mafia del vallone nisseno, sostenuto dal Poletti, ex governatore di New York eletto con l’appoggio di Cosa Nostra di Lucky Luciano.
A questo successo ha certamente contribuito anche la lista denominata “La Sinistra e gli Ecologisti” che unificava Rifondazione Comunista, i Verdi e la Federazione della Sinistra, che ha raggiunto il 4,8 per cento mancando per soli 20 centesimi di punto il raggiungimento del quorum del 5 per cento che avrebbe permesso l’elezione diretta di almeno 9 consiglieri. In Sicilia infatti si vota con una legge regionale che prevede un quorum più elevato di quello nazionale del 3 per cento.
Questa legge, che deriva dallo Statuto siciliano dell’Autonomia fa parte di un processo di modifica dello Statuto stesso votato, assieme alle riforme statutarie in senso presidenzialista, dal governo dell’allora comunista Angelo Capodicasa che si basò sull’appoggio da un lato del vicepresidente Bartolo Pellegrino e dell’assessore all’agricoltura Salvatore Cuffaro, inquisiti per mafia, e Cuffaro oggi in galera e dall’altro, purtroppo, sull’astensione del gruppo di Rifondazione Comunista.
Questa riforma ha permesso a Cuffaro prima e a Lombardo poi, suo gemello politico della corrente dell’ex ministro Mannino, di diventare presidenti della Regione e di sfruttare il potere di scioglimento dell’Aassemblea regionale siciliana (Ars), per ricattare con questa minaccia i novanta deputati. Queste modifiche statutarie, invece di portare ad un miglior funzionamento della Regione, hanno prodotto due scioglimenti anticipati, con Cuffaro e con Lombardo, crisi, immobilismo, clientelismo e incriminazioni per collusione con la mafia.
Lombardo ampiamente intervenuto, nel corso della campagna elettorale palermitana, a favore dell’ala del Pd che lo sosteneva all’Ars è il primo sconfitto del voto palermitano e, come il sindaco Cammarata, abbandona la scena politica annunciando le sue dimissioni per il 28 di luglio e fissando la data delle elezioni per il 28 e 29 ottobre prossimi.
Il Pd di Bersani è stato sconfitto realizzando a Palermo un misero 7 per cento. E il suo Consiglio regionale del 27 u.s. ha registrato una situazione di confusione e di stallo tra le varie posizioni e correnti che impedirà , almeno ancora per diverse settimane, a questo partito di avanzare una qualsiasi proposta unitaria verso l’esterno. Anche Sel, per avere sostenuto il candidato Ferrandelli, legato all’ala collaborazionista del Pd nei confronti di Lombardo, ha avuto un esito disastroso: il 2,2 per cento dei voti.
Nichi Vendola ha riconosciuto in una sua dichiarazione autocritica: «Questa vicenda ci insegna che alzando una bandiera chiara si può vincere anche in terre considerate inespugnabili come la Sicilia. Hanno sempre ragione gli elettori che chiedono il cambiamento. Così è stato a Napoli e così a Palermo».
Questi fatti debbono farci riflettere, non per avanzare recriminazioni ma per guardare al futuro prossimo e più a lungo termine partendo dalla constatazione che il risultato del 6 e 7 maggio avrebbe potuto essere diverso non solo sommando aritmeticamente il 4,8 con il 2,2 delle due liste di sinistra ma anche aggiungendo a questo i voti di Nadia Spallitta, consigliere comunale uscente, dimessasi da Sel perché contraria al voto per Ferrandelli, e del Verde Alberto Mangano entrambi eletti nella lista di Orlando. Una lista unitaria della sinistra avrebbe certamente non solo superato il 5 per cento e il 7 per cento del Pd, ma forse assicurato l’elezione al primo turno di Orlando.
Un altro grande contributo di mobilitazione unitaria per la candidatura di Idv-Sinistra ha dato la sottoscrizione di un appello contro l’inciucio con Lombardo e per l’elezione di Orlando di oltre 350 esponenti dei movimenti, della cultura, delle professioni, del sindacato e soprattutto dell’area di Sel, come è stato riconosciuto dallo stesso Orlando.
Queste esperienze possono essere preziose per realizzare, in vista dello scioglimento dell’Ars e delle elezioni di fine ottobre, ma anche per prospettive future, l’elaborazione di un programma comune di tutta la sinistra siciliana, degli ambientalisti, e Idv aperta a quanti nel Pd, ed anche all’esterno di esso, aspirano ad un effettivo e possibile rinnovamento della Sicilia.
Il lavoro per un programma comune non parte da zero. Bisogna raccogliere in primo luogo l’esigenza di recuperare il senso di democrazia proporzionale e dell’autonoma del potere legislativo rispetto al quello dell’esecutivo propri del primo Statuto.
Ma deve soprattutto partire dalle istanze che provengono dai movimenti per l’acqua, contro le centrali atomiche, per le energie rinnovabili e per i beni comuni che hanno visto la Sicilia alla pari con le altre regioni più avanzate dell’Italia.
Il movimento referendario per l’acqua, in particolare, ha prodotto la presentazione di un Progetto di legge di iniziativa popolare contro la privatizzazione presentato all’Ars, sostenuto da decine di migliaia di firme e dal voto di oltre 140 Comuni, in grande maggioranza espressione non solo di giunte di centro-sinistra ma anche di liste civiche, persino di centro-destra.
Il 4 aprile a Comiso, ad un’iniziativa dell’Arci e di altri movimenti e sindacati, in occasione del trentennale della grande manifestazione dei centomila promossa da Pio La Torre in Sicilia, in collegamento con i movimenti europei e in particolare con la sinistra socialdemocratica di Olof Palme e di Willy Brandt contro i missili atomici e per la pace, si è sottolineato che oggi, ancora una volta, la Sicilia è diventata base di operazioni militari dall’aeroporto di Birgi, al Muos di Niscemi, ai tremendi Droni, che già operano nell’aeroporto di Sigonella; c’è bisogno, quindi, come trentanni fa, di una presa di posizione dell’Ars e del governo della Regione per fare della Sicilia una terra di pace, di sviluppo e collaborazione con tutte le popolazioni del Mediterraneo.
Il governo Berlusconi prima e il governo Monti poi hanno introdotto una politica di tagli indiscriminati ai due grandi pilastri dello stato sociale, la scuola e la sanità . Quest’ultima è stata ed è oggetto delle più grandi manovre di privatizzazione, clientelismo e infiltrazioni mafiose attraverso un sistema di cosiddetti manager nominati dai governi regionali, senza quel controllo popolare, che invece era stato previsto al momento dall’introduzione del sistema sanitazio nazionale con le consulte elette dagli organi comunali nelle Asl.
L’esperienza di Libera e delle cooperative giovanili, che utilizzano i beni confiscati con la legge La Torre, rappresenta un inizio significativo ma ancora oggi limitato e da estendere, invece, a tutto l’immenso patrimonio sottratto al dominio della mafia.
L’elaborazione di questo progetto può anche determinare il rinnovamento del personale politico e delle forme di aggregazione necessarie per fare uscire la nostra Regione dalla crisi in cui si trova.
Naturalmente a sostegno di questa iniziativa va il lavoro che Orlando e la sua giunta riusciranno a sviluppare in questi primi mesi della loro attività nel governo della capitale della Sicilia che invece di essere, come è stata dal ’43 in poi, con l’unico spiraglio della seconda sindacatura di Orlando, il centro del dominio di forze conservatrici legate alla mafia, diventa invece, obiettivamente, il centro di una iniziativa decisiva per il rinnovamento della Sicilia che può influire anche sulle prossime elezioni nazionali.
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