Sfuma l’effetto del voto greco Spagna e Italia nel mirino, spread su

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LOS CABOS â€” Una doccia fredda. Sui mercati svanisce subito l’euforia per il voto greco. La speculazione ricomincia a colpire. Di nuovo Spagna e Italia sono nel mirino. Di nuovo le Borse perdono e gli spread impazzano. Preoccupati, i leader mondiali si riuniscono ancora una volta al capezzale dell’Europa malata: cercano una via d’uscita. Il presidente del consiglio Mario Monti ammette che «i mercati non sono convinti che basti solo il voto greco a calmarli», ripete che serve «più integrazione ». Il cancelliere tedesco Angela Merkel gela tutti: «Nessun ammorbidimento » per Atene, nessuno sconto. Il nuovo governo «deve pienamente rispettare gli impegni presi ».
Ed è di nuovo un lunedì nero per i mercati. L’ennesima crisi ruota intorno a pochi numeri. Dopo un avvio
positivo, la Borsa di Milano perde il 2,85%, lo spread vola a quota 467 e il rendimento dei Btp supera il 6%. Ma in Spagna va peggio: la Borsa di Madrid chiude con meno 2,96% conquistando la maglia nera, lo spread s’impenna fino a un massimo di 575, due punti in più dell’Irlanda che è sotto salvataggio. E, soprattutto, il rendimento del bonos supera la soglia-limite del 7%, quella in cui scatta l’allarme rosso. Il tutto, nonostante una intesa da 100 miliardi per salvare le banche iberiche. L’euro scivola anche sotto quota 1,26 sul dollaro. Due sole note positive: grazie ai risultati del voto greco, Fitch non metterà  più sotto osservazione i Paesi di Eurolandia, come pure si temeva; i Brics promettono che pagheranno per aumentare le risorse dell’Fmi.
A Los Cabos, dove si riunisce il G20, le facce dei leader tradiscono una preoccupazione crescente. Il presidente Usa, Barack Obama, che più degli altri si è speso in un costante pressing sui colleghi Ue, ora lamenta pubblicamente che la crescita è «troppo lenta e insufficiente», anche se il Tesoro loda le «azioni serie » di Spagna e Italia. Obama incita i colleghi europei ad agire subito per «stabilizzare la situazione» e «trovare un linguaggio comune». Si fa capofila di una serie di consultazioni. Un bilaterale con la Merkel, per cominciare, visto che la signora non molla di un millimetro in quanto a rigore, nonostante il voto pro-euro di Atene. Un vertice notturno con tutti i big d’Europa: oltre al Cancelliere tedesco, il francese Franà§ois Hollande, lo spagnolo Mariano Rajoy, il premier italiano e i presidenti Ue Van Rompuy e Barroso. Al termine fanno sapere che serve «più integrazione politica» nella Ue. «La crisi è iniziata negli Usa, non siamo qui a prendere lezioni», taglia corto il responsabile della Commissione, deciso a portare avanti l’unione bancaria Ue. Anche Monti ricorda
che «non è iniziata in Europa». Ma tant’è.
Le quotazioni s’infrangono. Dietro le quinte, si susseguono i colloqui per cercare rimedi a effetto rapido, se non una via d’uscita alternativa a quella di cui si discute invano da settimane. Ovvero, creare una Europa politica per superare quello che Monti chiama il «vizio d’origine » della costruzione europea e che il presidente Ciampi definiva come una «zoppia». Individuare politiche condivise per rilanciare l’economia, con tutto l’armamentario tecnico che questo comporta, dalla golden
rule agli eurobond, dal firewall alla trasformazione della Bce in creditore di ultima istanza. Tutti progetti su cui pesa il niet di Merkel. C’è anche una idea, caldeggiata dal ministro italiano Moavero, che punta a individuare un organismo finanziario capace di acquistare sul mercato secondario i titoli pubblici dei Paesi che si trovano nel mirino della speculazione quando il differenziale fra i rendimenti dei titoli supera una certa soglia. Un “serpentone antispread”, così è stato battezzato. Ma attenzione, «non ci sono bacchette magiche», ripete Van Rompuy.
Così, al momento, sembra esserci uno stallo, quando non un braccio di ferro tra i big. Le bozze del comunicato preparato in anticipo dagli sherpa ripetono i concetti di sempre. Vanno fatti i «passi necessari» per stabilizzare l’Europa. Servono misure per rafforzare crescita e lavoro. Va rotto il «circolo vizioso» tra banche e debito degli Stati. L’Fmi chiede un’ulteriore sforzo all’Italia: «Le misure di liberalizzazione dovranno essere attuate e la riforma del lavoro dovrà  essere approvata dal parlamento».


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