Rapporto sui diritti globali. Segio: “Occorre ricostruire il noi, il senso di comunità , cittadinanza, beni comuni. È urgente perché il baratro incombe”
“Un volume – sottolinea Segio – che ha conquistato progressivamente uno spazio significativo di gradimento e autorevolezza, come intuì dall’inizio Guglielmo Epifani, definendolo «uno strumento unico a livello internazionale. E ci sembra di aver accresciuto – aggiunge il curatore del volume -anche un’altra caratteristica di questo lavoro, quella che il compianto Tom Benetollo, presidente dell’ARCI, indicò come peculiarità del nostro Rapporto: quella di essere «un indicatore di marcia» utile alla politica, al sociale, al sindacato e al mondo del lavoro, oltre che a quello dell’informazione e della formazione”.
Dati e numeri ci aiutano a capire la situazione attuale. Nel 2010 si sono prodotti 10 euro di risparmio ogni 100 euro. In proporzione, nel 1990 se ne potevano produrre 23. Solo il 28,6% dei giovani under 35 riesce a risparmiare qualcosa, mentre scendono le rimesse (-13% tra 2009 e 2010) degli immigrati. Le pagine del Rapporto sono chiare anche sui debiti, pari all’1% in generale, al 6% i mutui per l’acquisto di abitazioni. Chi può permettersi il mutuo oggi? Solo il 48% nel 2011. Il 50,8% delle pensioni non arriva a 500 euro al mese e a dicembre 2011 l’inflazione mangia l’1% del salario, “il dato peggiore dal 1995”. In controtendenza invece il portafoglio dei ricchi. Tra la metà degli anni 80 e la fine dei 2000 il 10% della popolazione italiana più ricca ha visto una crescita di reddito pari all’1,1% (media Ocse 1,9%), mentre il 10% più povero dello 0,2% (1,3%): nel 2010, secondo l’Istat, il 20% più ricco detiene il 37,2% della ricchezza, mentre il 20% meno abbiente l’8,2%. Ma usciamo dall’Italia e affacciamoci sul globo. Il quadro che emerge aiuta a comprendere le difficoltà e la recessione a cui siamo sottoposti, consente di soffermarci sul cambiamento radicale allora messo in atto dai movimenti, in piazza a livello mondiale, volti a uscire dalla recessione.
“Un cambiamento – dichiara Segio – che risulta sempre più necessario, drammaticamente urgente, ma contemporaneamente appare forse un po’ meno possibile. I vincoli di sistema, le interdipendenze della globalizzazione, il tallone di ferro della grande finanza sembrano costringere tutti in una camicia di forza. In un Titanic privo di scialuppe di salvataggio e con un conducente avido e incompetente, che dopo aver portato la nave sugli scogli non sa fare altro che continuare in una rotta sbagliata e mortale”.
Ma quanto si riesce oggi in questo cambiamento? Il ragionamento di Segio ci porta in una strada difficile da percorrere perché a pesare oggi, non è tanto l’obiettivo di questo cambiamento da raggiungere, ma ancora prima sta nella fatica del presente. “Non possiamo dimenticare oggi – spiega Segio – lo smarrimento dei soggetti, dei movimenti stessi, dei sindacati, delle forze sociali e di quelle politiche rivolte a sinistra. Tuttavia, questo paradosso non deve indurre alla rassegnazione perché esso si affronta e si risolve solo attraverso un di più di analisi e di riflessione, con un maggiore impegno e una capacità di progetto”.
Non è possibile rassegnarsi, questo è chiaro.
“Da qui bisogna partire: – dichiara il curatore – da quel popolo transnazionale che nei mesi scorsi si è espresso con mobilitazioni e occupazioni avvenute contemporaneamente in ben 85 Paesi del mondo. Da quel sindacato mondiale che faticosamente cerca di organizzarsi e di superare localismi e nazionalismi, pagando duri prezzi- aggiunge. – Nel 2011 sono stati 76 i sindacalisti assassinati, 29 dei quali nella sola Colombia, un paese dove dal 1986 gli attivisti uccisi sono stati oltre tremila! In tutto il mondo ogni anno migliaia di sindacalisti vengono arrestati, denunciati, discriminati, licenziati per rappresaglia. Anche nella civile Europa, anche nel nostro Paese”.
Quando parliamo di crisi, è d’obbligo avvicinarci a quella dei diritti. Lo abbiamo detto prima: mentre i ricchi si fanno più ricchi il mondo del lavoro e i più deboli ne pagano interamente i costi. E per abbattere questa diversità in cui a pagarne sono i più deboli diventa indispensabile globalizzare i diritti, renderli comunicanti e interdipendenti. Ma è necessario anche realizzare alleanze tra le forze sociali, scuotere con vigore una politica che, di fronte a questi gravi fenomeni che approfondiscono e moltiplicano squilibri sempre più distruttivi, è troppo spesso sorda, cieca e muta, proprio come le proverbiali tre scimmiette. “Da questo punto di vista – spiega Segio – un piccolo ma importante segnale positivo è venuto dalle elezioni francesi. Con fatica sta emergendo, anche a livello di consapevolezza degli elettori, che esistono due Europe possibili e contrapposte. Quella della finanza e quella dei cittadini. Quella delle oligarchie e tecnocrazie e quella della democrazia e dei diritti”.
Alcuni degli economisti che intervengono nel Rapporto non esitano a definire l’attuale quadro internazionale come “Prima guerra mondiale della finanza”. E seguendo il ragionamento di Segio condiviso nell’incontro di ieri. “Per la prima volta nella storia recente del movimento sindacale – aggiunge poi in una nota – la battaglia non è più quella per conquistare ed estendere i diritti, ma difendere quanto viene eroso giorno dopo giorno da una miope visione rigorista e regressiva che ci viene propinata dai governi nazionali e dalle autorità internazionali. L’impegno del sindacato e della Cgil nei prossimi mesi – continua il curatore – è la riconferma e la rimodulazione dei diritti, in una prospettiva di crescita competitiva e di riduzione delle diseguaglianze. A partire dal lavoro e dalla definizione di un nuovo piano del lavoro che sappia coniugare insieme crescita, occupazione, retribuzioni e dignità dei lavoratori”. Tra i temi trattati nel Rapporto sui diritti globali: la crisi finanziaria globale e i rischi del protezionismo, l’economia, le politiche sui redditi e quelle sociali, le trasformazioni del mercato del lavoro e la precarietà diffusa, gli infortuni sul lavoro, il welfare e il diritto alla salute, il carcere, la corruzione e la giustizia, la sicurezza urbana, le ronde e il neoautoritarismo, il volontariato e green economy. Il Rapporto racconta una situazione dell’ultimo anno particolarmente drammatica.
Licenziamenti facili, smantellamento dello Stato sociale, taglio della spesa pubblica, deregulation, impoverimento dei redditi. I diritti di cittadinanza e di lavoro si vanno sempre più restringendo: una tendenza che si manifesta anche in Italia dove all’emergenza si è risposto con l’imposizione di sacrifici a senso unico che hanno colpito soprattutto i più deboli.
“Pur nella complessità e dentro scenari in accelerato movimento – specifica Segio – non è infatti impossibile indicare una bussola per il cambiamento, ritrovando parole e capacità di lettura. Parole non necessariamente nuove, ma essendo capaci di ri-declinarle al presente. Alcune stanno scritte dentro la storia delle organizzazioni sociali che hanno costruito e difeso democrazia e diritti nel secolo scorso. Ad esempio: sindacato, che sta per syn dike, che significa insieme e giustizia. Insieme – conclude – ricostruendo il noi, il senso di comunità e di cittadinanza, dell’interesse generale e dei beni comuni. Con giustizia e per giustizia. Un programma ambizioso ma necessario. È urgente, perché il baratro incombe”.
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