“Per aiutare la crescita la Francia deve vincere gli europei”
ROMA – Saranno gli Europei di calcio della crisi della moneta unica, ma potrebbero essere anche quelli della inversione di tendenza. I primi a scendere in campo con una valutazione economico-calcistica sugli effetti del prossimo torneo – dall’8 giugno al primo luglio in Polonia e Ucraina – sono gli economisti dell’Ufficio studi del colosso bancario olandese Abn Amro.
Loro tifano Olanda e sono nostalgici dei tulipani di Cruijff, ma quando hanno fatto girare i propri modelli econometrici hanno messo da parte cuore e tifo. Il ragionamento di Abn Amro – contenuto nel nuovo rapporto “Soccernomics”, che due anni fa azzeccò la previsione della vittoria della Spagna ai Mondiali – è limpido. Sulla base degli indicatori statistici quest’anno vincerà la Germania, ma la cosa migliore per l’euro è che vinca la Francia. Per ridare credibilità alla moneta unica, deve spuntarla una squadra dell’area euro; ma all’interno dell’eurozona è preferibile che vinca uno dei Paesi del nucleo duro, perché così si «rafforzerebbe la convinzione che il “cuore” dell’eurozona è sufficientemente robusto». Infine, se si vuole veramente il bene dell’euro, bisogna sperare che vinca la Francia perché, dopo avere perduto la tripla A sul debito, Parigi si trova sulla «linea di confine» tra le nazioni forti e quelle periferiche.
Ma perché la vittoria dei Paesi periferici, i cosiddetti Pigs, non aiuterebbe l’euro? Paradossalmente proprio le nazioni che negli ultimi due anni hanno subìto i più pesanti declassamenti di rating hanno raccolto i maggiori successi calcistici negli anni Duemila. Una sorta di teorema del rating: le economie che vanno peggio fanno più goal. La Grecia ha vinto gli Europei nel 2004, l’Italia i Mondiali nel 2006, la Spagna gli Europei nel 2008 e i Mondiali nel 2010. Tutte declassate. In realtà , dicono gli economisti, «le traballanti finanze pubbliche dei paesi del Sud Europa hanno un retroterra culturale che si riflette nel mondo calcistico». La vittoria di uno di questi paesi non farebbe che rafforzare la sua tendenza a spendere. E secondo uno studio della Uefa, tra il 1996 e il 2011 in Spagna, Italia (ma anche in Gran Bretagna) ci sono stati il 90% dei 400 più costosi trasferimenti di calciatori tra un club e l’altro. La pacchia, però, sta per finire perché dal prossimo anno i club europei dovranno adeguarsi alle regole del Fair Play sulle perdite sostenibili.
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