by Editore | 1 Giugno 2012 7:06
ROMA – Il governatore Ignazio Visco “assolve” le banche, sotto il profilo della capitalizzazione e del rapporto con le imprese e l’erogazione del credito, mentre non risparmia critiche ai banchieri, alle remunerazioni troppo alte degli amministratori, al numero pletorico dei cda.
Partiamo dal primo aspetto: Visco definisce «non corretta» la critica alle banche «di essere disattente alle esigenze dell’economia», visto che «sono esposte in misura rilevante nei confronti delle famiglie e delle imprese meritevoli di credito anche se in difficoltà ». E infatti, sottolinea, negli ultimi dodici mesi i prestiti al settore privato sono aumentati dell’1,3% e se «nel primo trimestre di quest’anno hanno ristagnato, sono cresciuti di nuovo in aprile» nonostante la qualità del credito sia peggiorata soprattutto per quanto riguarda «i finanziamenti alle imprese». A marzo scorso i prestiti delle banche alla clientela erano pari al 125% del Pil. Anche sotto il profilo di Basilea 3 «il percorso procede con regolarità » e in questi anni la stabilità del sistema è stata protetta da «una bassa esposizione ai prodotti della finanza strutturata» ma vi hanno contribuito anche «l’assenza nel nostro Paese di una bolla immobiliare e il limitato livello del debito delle famiglie».
Non tutto è filato per il verso giusto invece sotto il profilo dei costi e dell’organizzazione. A partire dai rilievi forse più gravi, che riecheggiano i recentissimi fatti di cronaca (mai citati) e spingono Visco ad integrare il testo scritto: «La gestione delle banche deve essere corretta», ha detto parlando a braccio, e dove emergono incongruenze «ci adoperiamo per opportuni cambi dei vertici, la collaborazione con l’autorità giudiziaria è intensa». Il governatore cita poi i primi dieci gruppi bancari, che hanno complessivamente 1.136 cariche escluse le società estere, con «composizioni pletoriche, che deresponsabilizzano i singoli consiglieri e si riflettono negativamente sulla funzionalità degli organi collegiali». In realtà , sottolinea il governatore, le aggregazioni tra banche non hanno comportato «snellimenti incisivi» nella struttura e nell’articolazione dei gruppi che ne sono conseguiti. Non solo: nell’ultimo anno gli utili delle banche «si sono collocati su livelli particolarmente bassi» ma difficilmente torneranno a crescere in maniera sensibile futuro e non lo faranno secondo lo schema noto dell’espansione dei volumi intermediati; ci saranno invece meno filiali e più servizi Internet e al telefono. Un elemento di novità che deve essere ben compreso dal lato degli azionisti mentre, sul versante dei costi operativi, va considerato che «il costo del lavoro è difficilmente compatibile con le prospettive di crescita del sistema bancario italiano», così come devono essere contenute le remunerazione degli amministratori e dell’alta dirigenza. Un invito che i diversi banchieri presenti ieri hanno accolto; a partire dal presidente Abi Giuseppe Mussari («Il taglio degli stipendi è un invito sacrosanto» dice) mentre il numero uno del Banco Popolare Pierfrancesco Saviotti ricorda che il gruppo «ha già iniziato» tagliando i cda e riducendo gli stipendi. Anche Tommaso Cucchiani (Intesa) riconosce che «le banche come gli altri business non possono essere esenti da questa esigenza».
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