“Idrogeno e auto elettriche” il futuro secondo Rifkin

by Editore | 1 Giugno 2012 9:00

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«Abbiamo appena concluso la conferenza “Missione crescita” con il presidente della Commissione europea José Barroso e i leader della maggiori aziende. Una rapida ripresa economica è possibile. C’è stata una grande convergenza d’idee: difesa dell’ambiente, innovazione e miglioramento della qualità  della vita sono gli assi su cui si sta sviluppando la terza rivoluzione industriale». Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends, ha lasciato da poco il vertice di Bruxelles a cui aveva affidato molte speranze.
Lei parla di sviluppo, ma l’Europa soffre la crisi.
«La crisi è legata all’implosione della seconda rivoluzione industriale, quella basata sulla chimica ad alto impatto ambientale e sui combustibili fossili. E la cura non può venire da ciò che ha prodotto la malattia: bisogna accelerare la transizione verso la terza rivoluzione industriale, un’economia segnata da cinque pilastri: energie rinnovabili, case intelligenti, idrogeno, smart grid, auto elettriche».
Come si concilia questo progetto con l’Europa dell’austerità  a oltranza?
«Non si concilia. L’austerità  è un passaggio necessario, quando ci sono sprechi e spese fuori controllo, ma non sufficiente. La crisi si sta avvitando: tutti comprano meno, la fiducia diminuisce, i mercati si afflosciano. Per spezzare questo circolo vizioso serve un grande progetto».
Ma l’Europa discute di tagli, non di rilanci. E l’occupazione scende.
«La Germania viene indicata come il paese che spinge di più verso l’austerity. Eppure Berlino ha deciso di investire più di 30 miliardi nella fuoriuscita dal nucleare, nel rilancio delle fonti rinnovabili e nell’ammodernamento della rete elettrica. Se lo ha fatto la Germania perché non può farlo l’Italia, che gode di condizioni climatiche molto più adatte per lo sviluppo del solare e ha una posizione geografica che la rende un ponte delle rinnovabili sul Mediterraneo? Senza investimenti non ci può essere crescita».
Gli investimenti sulle rinnovabili in Italia sono paralizzati dalla mancanza di segnali positivi da parte del governo.
«Per sfuggire a questa tenaglia – il rigore che deprime il mercato fa scendere il Pil e il Pil più basso fa aumentare la quota di debito – si può pensare alla golden rule, la regola d’oro che permette di non conteggiare nel deficit gli investimenti pubblici mirati allo sviluppo. Non si possono mettere sullo stesso piano il costo parassitario di un sistema che si sta spegnendo e gli investimenti sul futuro. L’Europa ha un mercato capace di sostenere questa scommessa».
La crisi non rischia di deprimere questo mercato?
«L’Europa è già  oggi il maggiore mercato del mondo con 500 milioni di persone. Ma ci sono altri 500 milioni di potenziali consumatori nelle regioni vicine, nell’area con la quale l’Unione europea ha rapporti di partnership. Si può raddoppiare il mercato. Ma questa prospettiva di crescita è una potenzialità , per trasformarla in realtà  bisogna agire ora».
In che direzione?
«I cinque pilastri della terza rivoluzione industriale, dalle rinnovabili alle smart grid passando per l’auto elettrica, hanno bisogno uno dell’altro: si sostengono a vicenda. Se non si comprende che in gioco ci sono milioni di posti di lavoro e il rilancio dell’intera economia la molla della speranza si spezza. L’alternativa è il declino».

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