“Per rilanciare l’economia bisogna aprire i confini”
La prima cosa che deve fare l’Europa, se vuole preservare la sua prosperità economica nel futuro, è abbandonare «l’omogenità etnica». In altre parole, aprirsi o rassegnarsi ad un flusso massiccio di immigrazione che rappresenta l’unica vera strada percorribile per rivitalizzare la produttività e la crescita. E’ la provocazione lanciata da Peter Sutherland, rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per i temi delle Migrazioni Internazionali e lo Sviluppo, intervenendo davanti alla House of Lords del Parlamento britannico.
Di primo acchito, verrebbe la tentazione di liquidare questa sfida come la solita uscita multietnica del Palazzo di Vetro, ideologica e lontana dalla realtà . Ma come? Noi lottiamo con la sopravvivenza dell’euro, la crisi del debito, la recessione, e questi parlano di immigrazione? Basta guardare la biografia di Sutherland, però, per convincersi che le cose non stanno così: presidente di Goldman Sachs International, ex presidente della British Petroleum, ex ministro della Giustizia in Irlanda, ex direttore generale del GATT e della Wto, ex commissario europeo per la competizione, presidente della London School of Economics, assiduo frequentatore delle riunioni del Bilderberg Group e della Trilateral Commission. In altre parole, uno che viene dal cuore del capitalismo occidentale liberista. Ora guida anche il Global Forum on Migration and Development dell’Onu, e in questa veste è stato chiamato al Parlamento di Londra per dare consigli.
Tanto per cominciare, Sutherland ha spiegato ai Lords che «l’immigrazione è una dinamica cruciale per la crescita in alcune nazioni europee, per quanto possa essere difficile spiegarlo ai cittadini». Il motivo ovvio è l’invecchiamento della popolazione, che in molti paesi del Vecchio Continente come l’Italia sta diventando una piaga sociale. Da anni il Palazzo di Vetro pubblica studi in cui ci invita ad aumentare gli immigrati, per conservare la forza lavoro e pagare pensioni e stato sociale. Poi ci sono l’energia e la creatività che portano persone alla disperata ricerca di un futuro migliore. «Sono argomenti chiave – ed esito ad usare questa parola perché è stata spesso attaccata – per lo sviluppo di stati multiculturali. E’ impossibile considerare che il grado di omogeneità implicito nell’argomento contrario al mio possa sopravvivere: gli stati devono diventare più aperti. Proprio come ha dimostrato la Gran Bretagna».
Di fronte alla richiesta di spiegare come mai i livelli di occupazione degli immigrati sono più alti nei paesi occidentali non europei, Sutherland ha risposto così: «Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, sono società di immigrati. Riescono ad accomodare più prontamente coloro che vengono da altri background, rispetto a noi, che continuiamo a coltivare il senso della nostra omogenità e differenza dagli altri». Il problema è così serio, e ormai in fase così avanzata, che non abbiamo più il tempo per scegliere: «Negli ultimi anni c’è stato un cambiamento, dai paesi che selezionavano gli immigrati, agli emigranti che selezionano i paesi. E la capacità dell’Europa di competere a livello globale per attirare questi lavoratori è a rischio». Abbiamo perso così tanto terreno che domani, aprendo i confini, potremmo non trovare più nessuno disposto a entrare.
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