Pamplona ha il 5% di Unicredit pronta l’opzione per salire ancora

by Editore | 27 Giugno 2012 6:42

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MILANO – Mossa di rilievo nell’azionariato Unicredit. È spuntato con il 5,01% Pamplona capital management, fondo lussemburghese regolato dalla Fsa britannica e con gestori e denari russi. L’operazione è amichevole e il management di Piazza Cordusio ne era informato. Si tratta del secondo azionista Unicredit, dopo il fondo sovrano degli Emirati Aabar che ha il 6,5%. Oltre un quarto delle azioni della banca, ormai, sono in mani straniere. ‘Siamo entusiasti di questo investimento e crediamo che il management team di Unicredit possa orientarsi con successo nella crisi europea al fine di rafforzare ulteriormente la posizione della banca nel proprio mercato di riferimento’, ha commentato un portavoce della società , che opera nell’asset management alternativo, come fondo chiuso, hedge fund e singolo gestore di investimenti di hedge fund. La società  gestisce oltre 6,5 miliardi di dollari di masse. Quello in Unicredit, che ai livelli di mercato vale circa 700 milioni, è il primo investimento di Pamplona global financial institutions, fondo che ha raccolto circa un miliardo di euro con la strategia di investire a medio- lungo termine in istituzioni finanziarie mondiali ‘ben posizionate per poter consolidare la posizione nella imminente ristrutturazione del settore bancario europeo’. Una strategia quasi da fondo sovrano insomma.
Ma chi c’è dietro Pamplona? In pochi, a Londra, lo conoscono, forse per la verde età . Il suo fondatore, presidente e ad è Alex Knaster, con un passato in Credit Suisse e poi in Alfa Bank, che ha condotto a essere la maggior banca privata della Russia. Nel cda di questa banca Knaster siede ancora. Il primo azionista di Alfa Bank è Mikhail Fridman, oligarca delle tlc che è il primo socio di Vimpelkom (la Telecom russa che si è comprata di recente Wind). Questi e altri indizi portano a scrivere che molti dei miliardi che Pamplona investe vengono da Est. Il fondo investitore aveva già  in pancia l’1,99% di ‘azioni ordinarie Unicredit’, si legge in una nota. Forse un ricordo della ricapitalizzazione di gennaio, quando diversi investitori, anche stranieri, sono entrati nella banca. Ora ha incrementato con un 3,02%, in forma di opzioni di acquisto su Unicredit. ‘Nel contesto attuale riteniamo sia prudente tutelare il nostro investimento riservandoci la facoltà  di riacquistare le opzioni call nell’operazione’, ha aggiunto il portavoce.
L’operazione, finanziata massicciamente dall’ufficio londinese di Deutsche Bank (che ne è anche l’intermediario), contempla un accordo put and call su circa 290 milioni di azioni, regolabili in contante o mediante consegna fisica delle azioni. ‘Le opzioni sono finalizzate sia a garantire un valore minimo dell’investimento al fondo sia a trattenere eventuali incrementi del valore dei titoli fino a un livello significativo sopra l’attuale prezzo di mercato’. Presto, oltre alle richieste di rappresentanza nel cda Unicredit dei soci libici (hanno in totale il 5%), l’ad Federico Ghizzoni potrebbe trovarsi davanti anche le – motivate – richieste del socio Pamplona.

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