by Editore | 16 Giugno 2012 4:35
NEW YORK — Obama facci sognare. Non è il Dream Act che il presidente aveva promesso ma quasi un milione di giovani clandestini potranno vivere il sogno americano allontanando l’incubo dei rimpatri. “Mettetevi nei loro panni” dice il presidente in un discorso accorato. “Questi ragazzi sono americani nel cuore, nella testa, in ogni singolo aspetto tranne uno: sulla carta”. A partire da oggi invece più di 800.000 giovani potranno essere temporaneamente regolarizzati per due anni. Con una mossa a sorpresa il presidente ha deciso di fare per decreto quello che il Congresso gli ha impedito per tutto il mandato. I requisiti: i giovani non devono avere più di 30 anni, devono essere arrivati prima del compimento dei 16, devono
avere studiato o fatto il servizio militare. E naturalmente non devono avere avuto precedenti penali.
Il Dream Act è la legge passata dalla Camera e poi bocciata dal Senato ora repubblicano che avrebbe concesso la cittadinanza ai figli degli immigrati irregolari che studiano negli Usa. Un provvedimento
che per i quasi 12 milioni di clandestini è appunto un sogno — anche se Dream in realtà è l’acronimo di Development, Relief, and Education for Alien Minors — e che divide la stessa destra. L’astro nascente Marco Rubio, il senatore della Florida d’origine cubana che Mitt Romney potrebbe scegliere
come vice, continua per esempio a proporre una sua versione. E qui la sfida di Obama mostra il suo carattere elettorale. Il supporto dei latini sarà decisivo in questa difficilissima campagna. “Yo Decido” è il titolo di una recente inchiesta di “Time” che proprio ieri invece portava in copertina la questione
dei clandestini: “Noi siamo americani (ma non legalmente)”. E la popolazione ispanica è in crescita proprio negli stati in bilico: Florida, Colorado, Virginia e Nevada.
Non che il presidente finora abbia fatto poco: ha spedito perfino la prima ispanica alla Corte Suprema, Sonia Sotomayor. Però proprio con lui i rimpatri sono raddoppiati rispetto ai tempi di George W. Bush: quasi mezzo milione. “Gli Stati Uniti non possono continuare a espellere giovani innocenti” dice oggi Obama nel discorso in
cui si riappella al Congresso: continuando a spingere per quella legge, ricorda, che aveva già messo d’accordo da John McCain a Ted Kennedy.
Ma la destra, che accusa il presidente di abuso di poteri e di favorire un’amnistia camuffata, insorge già sul prato della Casa Bianca, con un giornalista di un sito ultraconservatore, Neil Munro, che addirittura lo interrompe: “Perché favorisce gli stranieri rispetto agli americani?”. Obama si ferma e lo mette in riga: “Mi lasci finire”. Poi la replica stizzitissima: “È la giusta cosa da fare, non è un’amnistia, non ha senso espellere giovani talenti” proprio mentre la economia ne ha più bisogno. Un incidente inedito che rilancia la retorica sugli immigrati che rubano il lavoro. Ma soprattuto dimostra l’ormai assoluta mancanza di rispetto che gli ultrà del Gop hanno del primo presidente nero: “Bugiardo!” gli gridarono al Congresso quando parlava sempre di immigrazione.
Naturalmente il primo a bocciarlo è proprio Rubio: sostenendo che il decreto è “una risposta a breve a un problema a lungo termine”. E Rubio cita lo stesso Romney quando dice che così Obama “rende la situazione ancora più difficile”. Certo la cittadinanza resta un “dream”: ma almeno il piccolo grande “act” di Obama è un segnale forte. Soprattutto agli elettori.
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