Niente cittadinanza per il Dalai Lama Milano si piega al pressing di Pechino

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MILANO â€” Questa volta, a differenza del 2007 quando l’allora sindaco Letizia Moratti lo incontrò nel territorio “neutro” del palazzetto dove parlava a 9mila persone, almeno le porte del municipio si apriranno. Giuliano Pisapia riceverà  il Dalai Lama ufficialmente a Palazzo Marino, nella sede dell’amministrazione. Ma martedì, quando la massima autorità  religiosa dei buddisti arriverà  a Milano per una tre giorni di incontri e lezioni, non avrà  quella cittadinanza onoraria che il Comune avrebbe dovuto
conferirgli. Niente più chiavi della città , come hanno fatto già  Roma, Venezia o Torino. Una marcia indietro, decisa in extremis dal Consiglio comunale, poco prima che la delibera con le firme di tutti i capigruppo di centrosinistra e centrodestra fosse votata in aula. Marcia indietro arrivata dopo le pressioni della Cina, tra lettere dell’ambasciata e della numerosissima comunità  locale, proteste della console cinese, un interessamento della prefettura. Perché in gioco, hanno raccontato i politici milanesi, c’erano i rapporti tra Pechino e Milano. E i timori principali riguardavano le possibili ripercussioni sull’Expo del 2015, con l’ingente investimento per costruire il proprio padiglione che farà  la Cina e il milione di visitatori attesi dall’Oriente.
Persino i capi di Stato hanno dovuto fare i conti con l’ira della Repubblica popolare. Barack Obama, nel 2011, incontrò il premio Nobel per la Pace non nell’ufficialissima Sala Ovale, ma nella Sala delle mappe, all’interno della residenza privata del presidente degli Stati Uniti. In piccolo, a Milano, questa volta sarebbe dovuta andare in modo diverso. Ma la cittadinanza a Tenzin Gyatso si è trasformata in un caso. Politico e diplomatico. Che ha diviso e tormentato lo stesso centrosinistra: il voto che, in Consiglio comunale ha rinviato la discussione, ha visto non solo le astensioni del sindaco e del presidente Basilio Rizzo, ma anche qualche voto contrario della maggioranza e un esponente della giunta come l’assessore al Welfare del Pd Pierfrancesco Majorino che ha detto: «La cittadinanza la darei».
La reazione che fa più male,
però, è quella dell’istituto studi di buddismo tibetano che considera la retromarcia una «sconfitta per Milano». E aggiunge: «Esprimiamo una profonda amarezza e delusione. Non comprendiamo le ragioni di questa decisione perché il Dalai Lama è stato invitato a Milano in quanto maestro e guida spirituale della comunità  buddista».
Che la decisione si potesse trasformare in un caso diplomatico era nell’aria, in Comune. Anche perché, ha raccontato lo stesso sindaco, la console cinese gli aveva parlato di quella scelta come di un «segnale di inimicizia».
In una lettera dell’ambasciata, poi, si sarebbe accennato a un gesto di «ostilità ». E, hanno raccontato i consiglieri comunali sempre più in fibrillazione, la paura era di veder interrotti i rapporti con la città  per tre anni. Fino all’inaugurazione di Expo. Pisapia, però, ha confermato che riceverà  il Dalai Lama e il Consiglio comunale sta lavorando a un’altra strada: «Una soluzione ancora migliore», l’ha definita il presidente dell’aula, Rizzo. Il sindaco dice: «È una decisione che può evitare un segnale di inimicizia verso il popolo cinese e al tempo stesso di rispetto verso il
Dalai Lama». Il premio Nobel verrà  invitato, martedì prossimo, a parlare direttamente in Consiglio comunale. Sulla cittadinanza, il sindaco ha detto che la scelta era nelle mani dei consiglieri. Ma avrebbe avuto forza solo se fosse arrivata «all’unanimità  ». E, di fronte alle accuse politiche di Lega, Pdl e Movimento 5 Stelle ha assicurato: «Noi non accettiamo diktat da nessuno, siamo autonomi». Il caso non è chiuso. Offerte di cittadinanza onoraria per il Dalai Lama sono arrivate da Assago, nell’hinterland milanese, e da Matera.


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