by Editore | 29 Giugno 2012 6:37
MILANO — Paletti del Tesoro sul prestito di 3,4 miliardi al Monte dei Paschi: restrizioni a dividendi e bonus, divieto di acquisire banche e assicurazioni, e un cavillo che tra un anno dovrebbe rendere via XX settembre azionista a Siena, fino al 3%.
Il Dl Dismissioni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, dà una prima idea delle implicazioni cui dovrà sottostare la banca senese per essere «de facto nelle mani dello Stato », come ha detto il suo presidente Alessandro Profumo. Le linee guida dell’emissione, attesa verso settembre, sono simili a quelle del Tremonti bond 2009, salvo per un cardine. Stanti le difficoltà dei mercati, e seguendo le linee di dicembre della Commissione Ue sui sostegni alle banche nel 2012, il decreto prevede che «il pagamento degli interessi al Tesoro, in assenza o incapienza di utili distribuibili, avverrà con azioni di nuova emissione per una quota del patrimonio netto corrispondente alla cedola non corrisposta ». Significa che i 3,4 miliardi di prestito, il cui tasso (e altri dettagli) sarà descritto nel prospetto di
emissione atteso «entro fine luglio » – gli operatori stimano circa il 10% – daranno comunque luogo a oneri annui oltre i 300 milioni. Mps non potrà ripetere quanto fatto nel 2011, quando svalutò avviamenti (specie sull’acquisto di Antonveneta che ha inguaiato il gruppo) per 6,5 miliardi, e non pagò i 160 milioni di cedole dei vecchi Tremonti bond. Nel bilancio Mps restano 2,2 miliardi di avviamenti sopravvalutati. Se a fine 2012, com’è probabile uditi gli annunci di mercoledì («La banca ha iniziato i test che potrebbero comportare una svalutazione materiale degli avviamenti, che sarà resa nota con i conti del semestre ») l’ultima riga fosse ancora in rosso, al Tesoro spetterebbe un’emissione azionaria riservata. Non al valore deprezzato di Borsa, dove il titolo anche ieri ha sofferto perdendo il 3,50% a 0,185 euro, vicino ai minimi storici. Il decreto prevede che le azioni siano commisurate al patrimonio netto, pari a una decina di miliardi – dipende se sarà conteggiato o no il convertibile – quindi circa un euro ad azione; si arriva così a un pacchetto tra il 2,5 e il 3% del capitale, e con diritto di voto, diversamente dai Tremonti bond, convertibili «su richiesta della banca». È uno scenario che trova riscontri tra le pietre di Rocca Salimbeni. Altri aspetti del decreto riguardano l’uso del prestito «in modo da non abusarne e conseguirne indebiti vantaggi», un piano correlato che indichi «politiche di distribuzione degli utili e meccanismi di remunerazione e incentivazione». Finché sarà sussidiata, Mps non potrà «acquisire nuove partecipazioni in banche, in intermediari e in assicurazioni, salvo che sia funzionale all’attuazione del piano ». Bankitalia dovrà esaminare e approvare il piano dell’istituto. Il Tesoro si è tenuto tutte le porte aperte per finanziare il prestito: «taglio lineare alle spese dei ministeri, riduzione di singole autorizzazioni legislative di spesa, utilizzo temporaneo di contabilità speciali o conti di tesoreria, emissione di titoli di debito pubblico». Tra luglio e settembre sarà un Dpcm, da trasmettere alle Camere per il parere, a stabilire come trovare i fondi.
Ieri il top management ha illustrato il piano “Rilancio 2015” ai bancari senesi, continuerà a Roma e Napoli e la settimana prossima ma prima di allora, salvo ardue conciliazioni, si sarà chiusa con lo sciopero la procedura di mobilitazione avviata dai sindacati interni, perché il piano triennale contempla la chiusura di 400 filiali e l’esubero di 4.600 lavoratori.
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