Monti a Bruxelles con la legge sul lavoro
ROMA — Sarà approvata oggi la riforma del lavoro. Il governo ha incassato ieri i primi due voti di fiducia sul testo del ministro del Lavoro, Elsa Fornero; oggi – come previsto – ci saranno gli altri due voti definitivi. Il premier Mario Monti potrà presentarsi al Consiglio europeo forte della seconda riforma strutturale, dopo quella sulle pensioni, varata dal Parlamento
nazionale. Nel suo intervento a Montecitorio il presidente del Consiglio ha confermato l’impegno dell’esecutivo ad apportare in tempi rapidi (probabilmente con emendamenti al decreto Sviluppo) alcune modifiche alla riforma: sulla flessibilità in entrata, come chiede il Pdl, sugli ammortizzatori sociali, come chiede il Pd, sui “nuovi” 55 mila esodati, come
chiedono tutti. La riforma era stata caricata di grandi aspettative, soprattutto perché per la prima volta intaccava il «tabù», come dissero Monti e la Fornero, dell’articolo 18. Via via il governo ha dovuto tenere conto delle richieste delle parti sociali e dei partiti. L’Europa e i mercati, apprezzeranno il fatto che la riforma sia stata approvata, ma saranno anch’essi ben consapevoli che nelle prossime settimane arriveranno i correttivi. Con tutte le incognite parlamentari possibili in questi casi. Tanto più che c’è chi come il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, ha detto che se la sinistra dovesse vincere le prossime elezioni cambierà la legge sulle pensioni. Orologi bloccati invece per la spending review in attesa dello snodo del vertice europeo: il varo della manovra di tagli e revisione della spesa arriverà forse la prossima settimana. Nel frattempo il decreto legge che istituisce il meccanismo-Bondi di revisione della spesa ieri è stato approvato dalle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera: giovedì prossimo andrà in aula e, dopo il semaforo verde da parte dell’assemblea di Montecitorio, dovrà tornare in Senato. Tempo utile: fino alla scadenza del 7 luglio, dunque non è improbabile la fiducia. Su questo terreno permane un certo nervosismo: ieri il governo è stato battuto due volte, nonostante il sostegno del Pd, su due emendamenti del Pdl che alleggeriscono la spending review. Il primo esclude Poste e Ferrovie dall’azione di Bondi, il secondo riguarda la riapertura delle gare con il nuovo metodo della seduta pubblica che il Pd voleva fosse applicato anche alle aste effettuate dopo la sentenza del Consiglio di Stato del 28 luglio scorso, operazione che ha trovato l’opposizione del Pdl. Per Paolo Baretta (Pd) si è trattato di una «sanatoria per le gare irregolari». La conseguenza di questo clima politico è stata l’astensione del Pd sul voto finale al decreto e il voto favorevole del Pdl.
Il lavoro tecnico tuttavia non si ferma. Le ultime stime indicano in circa 6 miliardi (di cui eventualmente 4,2 per evitare l’aumento dell’Iva) nel 2012 e di almeno 13,2 miliardi ( a tanto ammonta l’impatto dell’Iva) nel 2013. Ma nel mirino ballano le misure su pubblico impiego e sanità che incontrano l’opposizione dei sindacati che Monti incontrerà e che minacciano mobilitazioni. Nervosismo anche sul fronte degli enti locali: ieri Monti ha incontrato i vertici del Regioni. «Tagli insostenibili, siamo preoccupati», hanno detto in sintesi i governatori.
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