«Possibile licenziare gli statali ma è soltanto un deterrente»
ROMA — Continua il duello dentro il governo sui licenziamenti per il pubblico impiego. In mattinata il ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi rivela che la delega «non conterrà una disposizione specifica sui licenziamenti disciplinari, ma ci rimetteremo al Parlamento». Passano meno di due ore e il ministro del Welfare Elsa Fornero da Torino ribadisce la sua opinione: «Tenuto conto delle specificità del pubblico impiego auspico parità di trattamento, io sono anche ministro delle pari opportunità , parità però non significa libertà di licenziare». La questione riesplode proprio mentre la riforma del lavoro è atterrata alla Camera dove incombono forti mal di pancia dentro la maggioranza divisa sulle modifiche da apportare. Il clima è di fibrillazione e il presidente del Consiglio Mario Monti convoca per le 17 il ministro Patroni Griffi per un chiarimento facendo saltare il vertice di maggioranza sul disegno di legge sulla corruzione.
La nuova tensione tra i due ministri dura fino alle otto di sera quando un comunicato vergato a quattro mani cerca di mettere una pezza all’ormai aperto dissidio precisando «che i licenziamenti sono una sanzione e possono essere un deterrente, dunque sono uno strumento, non l’unico». «L’importante – conclude la nota – è che ci sia una pubblica amministrazione al servizio dei cittadini e di un sistema economico inclusivo». Un punto netto a favore della Fornero che, forse anche grazie alla sponda di Monti, è riuscita a far rientrare il concetto di licenziamento nel comunicato firmato anche dal ministro della Funzione pubblica. Il sindacato si è subito inalberato. Con la Cgil che giudica «irresponsabile» l’atteggiamento del ministro del Lavoro sui licenziamenti nel pubblico. «L’articolo 18 è valido per tutti – spiega la responsabile della funzione pubblica Rossana Dettori – ma non può essere applicato a tutti nello stesso modo, quello del ministro è un modo populista e semplicistico di mettere gli uni contro gli altri».
Per Gianni Baratta, segretario confederale Cisl, «il ministro Fornero interviene di nuovo su cose che non la riguardano sottolineando che non è vero che tutti i lavoratori sono uguali perché, tra l’altro, chi è dipendente pubblico è vincitore di un concorso». Una tesi che il ministro del Lavoro ha indirettamente confutato quando ha ricordato la sua competenza sulle pari opportunità . In attesa di vedere come andrà a finire questa partita in Parlamento, ieri è tornata la fibrillazione sull’altra riforma, quella del lavoro «privato» con le parti sociali pronte a chiedere nuove e significative modifiche anche se su cose diametralmente diverse. Per il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi occorre più flessibilità e si è augurato che alla Camera «la riforma sia modificata e resa più vicina alle imprese, quello che ho visto finora è abbastanza deludente». Susanna Camusso parla di «riforma ghiribizzo, un ginepraio sempre più inestricabile». Insomma sia il leader della Cgil che quello degli imprenditori convergono sull’inutilità di tutto questo sforzo. Ma la Fornero difende la sua «creatura». «Quello che ho fatto – ha detto rivolgendosi un gruppo di disoccupati che la contestavano a Torino – l’ho fatto per gli italiani, non è vero che il governo sta portando alla fame la gente, sta invece cercando di risolvere i problemi».
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