Lo sgarbo della famiglia a Mediobanca con il mercato che tifa Arpe e Meneguzzo

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MILANO â€” La famiglia Ligresti si ribella al sistema Mediobanca-Unicredit. E il mercato, manco a dirlo, soffia sulla nuova offerta di salvataggio lanciata dai fondi Sator e Palladio facendo crescere il titolo Fonsai del 12%. Non si può certo dire che manchino i colpi di scena in questa intricata vicenda che sta tenendo banco da quasi sei mesi. I grandi creditori Unicredit e Mediobanca, che per dieci anni hanno assecondato la famiglia di costruttori nel loro spolpamento sistematico della seconda compagnia assicurativa italiana, ora fanno la voce grossa. Vogliono realizzare a tutti i costi il matrimonio Fonsai-Unipol, mettere tutto in un grande calderone, non perderci un euro e far pagare i costi del salvataggio (2,2 miliardi) ancora una volta al mercato. La famiglia Ligresti, per anni portata in palmo di mano dai vertici di piazzetta Cuccia (Jonella siede nel cda in virtù del 5% posseduto da tempo), ora viene scaricata al suo destino (le inchieste della magistratura sono in corso). Ma davvero le banche non hanno alcuna responsabilità  nel dissesto? Si vedrà . Intanto, la famiglia in un sussulto di orgoglio non ci sta a essere messa spalle al muro
dai suoi ex protettori e se ne esce con una dichiarazione esplosiva: «Non rinunciamo alla manleva e al diritto di recesso, anche perché ci sono criticità  nella situazione patrimoniale di Unipol, non chiarite ». La botta è forte, anche se non proprio inattesa. E ancora più eclatante se si considera che Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo pochi minuti prima avevano esplicitato la loro nuova offerta «auspicata dallo stesso consiglio di Fonsai e in seguito approfondita
con il management». Secondo i due fondi, e a questo punto anche a parere degli azionisti di maggioranza, la Fonsai si può benissimo salvare attraverso un aumento di capitale da 800 milioni di cui circa 550 sono in casa, garantiti dai due fondi. Gli altri 250 milioni si troveranno sul mercato e non mancherebbero le banche pronte a intervenire su cifre così limitate e a un prezzo che sarà  almeno la metà  di quello versato da Sator e Palladio. Così strutturata l’operazione potrebbe
riportare in alto l’attivo della Premafin e salvare anche le banche creditrici, esposte per 370 milioni. Al piano di sotto, con un nuovo management e senza i Ligresti nella governance, il titolo Fonsai potrebbe tornare a salire mettendo al sicuro anche il prestito subordinato di Mediobanca da 1,05 miliardi.
Ci si aspetterebbe che i grandi creditori possano almeno valutare questa possibilità . E invece no, per ragioni imperscrutabili l’asse
Palenzona-Nagel-Pagliaro-Cimbri va su tutte le furie e minaccia di passare alle maniere forti. Forse lo smacco in termini di immagine sarebbe una sconfitta ancora più grande. Mediobanca perderebbe la sua centralità  nel sistema e il management sarebbe messo in discussione dagli azionisti. Dunque, bisogna serrare le file. I consiglieri Premafin teleguidati si presentano per un cda inesistente e cercano di attirare il presidente Giulia Ligresti per farle deliberare in fretta l’operazione con Unipol. Lei però non ci casca e il blitz va a vuoto. Poi si minaccia l’escussione dei crediti verso Premafin. Ma così facendo Unicredit sarebbe costretta a dichiarare il default di Premafin e per contagio portare i libri in tribunale anche delle holding Sinergia e Imco. Un
harakiri
difficile da spiegare, soprattutto al proprio cda che un anno fa ha deliberato 120 milioni per le holding dei Ligresti con ingresso nel capitale. Ora la parola passa ai consiglieri Fonsai dove l’indipendente Cappelli non ha convinto della sua indipendenza neanche la Consob e dove tutti devono assumersi la responsabilità  di non valutare un’offerta che il mercato sta premiando ogni volta che si avvicina.


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