«Non possiamo fare tutto da soli. Serve più personale qualificato dello Stato»

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Stefano Draghetti ha solo pochi minuti. Non può perdere tempo a parlare con i giornalisti. Il suo comune è uno dei più colpiti dal sisma. Le cose da fare per un sindaco di un paese di oltre 7 mila abitanti praticamente distrutto non finiscono mai. E la terra continua a tremare.
Quale situazione dovete fronteggiare?
Abbiamo avuto tre morti. Tutta la popolazione è evacuata dalle proprie case. Basta vedere i danni per rendersi conto anche del micidiale impatto psicologico che questo terremoto ha avuto sui cittadini. Stiamo facendo di tutto per dare loro un’assistenza decorosa.
Due giorni fa non avevate neppure un campo della protezione civile…
Abbiamo due campi, uno comunale che ci siamo fatti da soli dopo la scossa del 20 maggio. Adesso è arrivato anche il campo della protezione civile dell’Abruzzo. Il dipartimento nazionale spinge perché i cittadini escano dal paese e trovino alloggio altrove. Non è una richiesta illogica in questa situazione, ma è molto difficile da fare accettare. Molte persone preferiscono dormire in macchina e attendarsi nel giardino ma rimanere qui. Comunque trenta persone sono partite l’atra sera e 20 partiranno adesso. La casa di riposo è evacuata. 80 anziani però restano in paese assistiti dai figli e dai parenti. 
Cosa vi manca?
Abbiamo cibo, due cucine da campo e da mangiare per tutti. Anche per quanto riguarda altri generi primari non abbiamo urgenze, le donazioni sono state tante. Quello che manca è personale formato per gestire quest’emergenza. Non possiamo pensare che persone già  colpite da questo terremoto facciano anche i volontari e aiutino i loro concittadini in difficoltà . 
E’ questo che chiedete allo Stato?
Finora ci siamo arrangiati quasi da soli. Da qualche giorni lo Stato ha cominciato a muoversi, ma sul fronte dell’assistenza diciamo che si tratta di azioni che sono ancora perfettibili. La nostra buona volontà  e lo spontaneismo non bastano: servono risorse umane specializzate. Organizzare la complessa macchina logistica che è necessaria è davvero molto complicato. Adesso con lo Stato dobbiamo raggiungere un punto di equilibrio per garantire assistenza. Poi serviranno risorse perché noi certo da qui non ce ne andiamo. Vogliamo ricostruire. 
Lei è tra i sindaci che hanno emesso un’ordinanza per impedire l’accesso nelle aree industriali?
Sì, abbiamo appena emesso l’ordinanza. Come hanno fatto molti altri sindaci della zona. E d’altronde lo avevamo già  fatto anche dopo la prima forte scossa.
Perché allora molti operai sono tornati a lavorare in quei capannoni?
Bisognerà  vedere caso per caso. C’erano capannoni che non erano lesionati e dopo la perizia di un tecnico sono stati abilitati a riprendere il lavoro. 
Molti osservano che a crollare sono stati anche caseggiati costruiti recentemente, com’è possibile? C’è chi fa già  nomi di specifici costruttori.
E’ un tema da approfondire e lo approfondiremo, ma certo non in questo momento. Nell’immediato ci sono due cose da fare: dobbiamo vedere tutto, controllare ogni situazione nello specifico senza tralasciare nulla, ma bisgona anche stare attenti a non iniziare una specie di caccia alle streghe. Adesso scusate, mi chiamano, devo andare.


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