«Merkel, ottica ristretta Agenda per la crescita»

by Editore | 21 Giugno 2012 7:29

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BERLINO — Gabor Steingart, direttore di Handelsblatt, il principale quotidiano economico tedesco, comprende le ragioni dei tanti «no» di Angela Merkel in questi tempi difficili ma pensa che sarebbe necessario avere più visione, uscire da un orizzonte limitato. Cinquanta anni, figlio di un dissidente fuggito dall’Ungheria e di una berlinese, nato nel quartiere di Kreuzberg, autore di bestseller dedicati ai grandi temi dell’economia mondiale, Steingart sta seguendo la crisi europea anche con gli occhi di chi ha trascorso gli ultimi anni dello scorso decennio dall’altra parte dell’Atlantico, come numero uno dei corrispondenti in America del settimanale Der Spiegel. «Noi europei dobbiamo fare i nostri compiti a casa — dice — e collegarci più strettamente con gli Stati Uniti di quanto sia stato mai fatto prima».
La cautela di Angela Merkel è la cosa giusta per contribuire a risolvere la crisi?
«La cancelliera non ha altra opzione che insistere sulla sua agenda di austerità  perché i tedeschi non sono disponibili a mettere altro denaro sul tavolo. Per molte buone ragioni idee come gli eurobond e l’Unione bancaria non troveranno nessun consenso nel Paese. D’altra parte, capisco totalmente le ragioni di chi la critica. Quella di Angela Merkel è una politica troppo ristretta per vincere nel futuro. C’è disperatamente bisogno di un’agenda per la crescita. Non ci si può fare i muscoli digiunando».
Quindi il confronto tra i sostenitori delle politiche di austerità  e chi insiste sulla necessità  di promuovere la crescita è davvero il grande problema di questo momento?
«Non deve essere necessariamente un confronto. Dobbiamo avviare una politica della crescita senza prestiti e spese ma che porti avanti una agenda di riforme: creare un mercato del lavoro flessibile, sostenere l’imprenditorialità , costruire un sistema di tassazione che produca un flusso costante di entrate, realizzare impianti per l’energia pulita nei Paesi del Sud. Dobbiamo sostituire la formula magica del passato “crediti e consumo” con il duro lavoro e nuove idee. E il crollo della zona euro non è inevitabile».
E’ a rischio, in questo quadro, il rapporto tra Germania e Francia?
«Certamente attraversa un momento problematico. Ed entrambe le parti non giocano bene le loro carte. Lui dice sì, lei dice no. Ognuno dovrà  fare dei compromessi. Altrimenti l’ex motore europeo smetterà  di generare quell’energia di cui abbiamo bisogno».
E l’Italia può uscire dalla sue difficoltà ?
«Vedo tre Italie differenti. La prima, la comunità  degli affari del Nord, è la parte dinamica. Noi ammiriamo il vostro spirito negli affari, la vostra imprenditorialità , le vostre laboriose aziende a conduzione familiare. La seconda Italia è il Sud, che non è solo povero ma sembra non avere intenzione di rimettersi al passo con il resto del Paese. E la terza Italia è quella politica, che appare più o meno allo sbando. È sperabile che Mario Monti e un presidente straordinario come Giorgio Napolitano possano mantenere le loro promesse e soddisfare le aspettative di così tante persone, non solo in Italia. Come europeo io spero in bene»
Nel suo libro «The War for Wealth» lei indica che la strada da percorrere è quella di realizzare «gli Stati Uniti dell’Occidente». Qual è il ruolo dell’Europa di oggi in questo scenario?
«Sono convinto totalmente che la missione storica della nostra generazione sia quella di costruire gli “Stati Uniti dell’Occidente”. Solo insieme possiamo promuovere i nostri interessi e i nostri ideali. Globalizzazione è la parola di moda del nostro tempo. Ma la globalizzazione non può e non deve sostituire i valori comuni nell’emisfero occidentale. Stiamo perdendo spazio e potere economico. Solo insieme siamo forti».

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