«L’errore? Manca un vero Tesoro europeo»

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«I problemi dell’Europa di oggi? C’è una similitudine con la crisi federale degli Stati Uniti nel 1788. Gli Usa di 225 anni fa avevano un governo centrale molto debole, anzi forse la situazione era anche peggiore, in quanto il debito acceso dai vari Stati era molto alto. E la Costituzione di allora ci lasciava con una crisi del debito senza soluzioni. Non c’era un regolamento che garantisse che la raccolta delle tasse fosse al servizio del debito». A parlare è Thomas Sargent, premio Nobel «in carica» per l’Economia (un riconoscimento per i suoi studi sulle interrelazioni macroeconomiche tra le varie aree del mondo) e docente alla New York University. Sargent è di passaggio a Milano, dove oggi all’Università  Bocconi tiene una lezione dal titolo «The Beauty of Uncertainty», la bellezza dell’incertezza, in occasione dell’inaugurazione della nuova cattedra in Teoria del rischio: una cattedra permanente, presieduta da Massimo Marinacci e sostenuta dal gruppo assicurativo Axa, che attraverso l’Axa research fund assegna 2 milioni di euro all’ateneo per la creazione del dipartimento. «Gli Usa allora riscrissero la Costituzione — continua Sargent —. Fu un grande cambiamento, tecnicamente si può definire una rivoluzione politica non violenta. Gli americani hanno costituito un framework dove gli stati individuali risultano essere più deboli rispetto a un governo centrale più forte. E hanno creato un’unione fiscale con l’obiettivo di servire il debito. Con uno Stato unico invece di 13, quanti erano all’origine gli Sati americani. Anche allora c’erano persone contrarie che quasi hanno avuto successo nel bloccarlo». Niente del comportamento di Sargent tradisce il fatto di essere uno dei docenti di economia più famosi al mondo. Il professore americano è di una semplicità  disarmante. «Tutti parlano dei problemi dell’Europa in questo momento. Ma i principi economici sono molto semplici e ognuno li capisce. Qui si tratta esclusivamente di decisioni politiche da prendere».
Per uscire dal tunnel della crisi del debito sovrano la strada da prendere allora è quella degli Stati Uniti d’Europa?
«Questo è un problema a carico dei cittadini europei e non di un professore americano. Comunque Gerhard Schroeder ha fatto un discorso molto chiaro sulla necessità  di realizzare la Costituzione d’Europa. Certo, è un grande cambiamento. Altre persone la pensano diversamente. Non è che io voglia sottoscrivere il suo discorso, ma Schroeder esprime bene la sua posizione. Per i mercati è essenziale che i Paesi della zona euro indichino con chiarezza la linea e dicano: andiamo verso l’unione politica, con tutto ciò che comporta, indicando i passi concreti a breve, medio e lungo termine. Se la crisi prova qualcosa, ha detto Schroeder, è che non si può avere una moneta unica senza una politica economica, finanziaria (e aggiungerei sociale) comuni».
Se tutto fosse così chiaro perché c’è ancora tutta questa incertezza?
«Ci sono persone che hanno una visione diversa sul progetto dell’unione monetaria. Si può avere un’unica moneta senza un’unione fiscale, ma deve essere chiaro che ogni Stato debba gestire il proprio debito senza condividerlo con gli altri. Le persone della generazione di Schroeder e della mia che hanno creduto nell’Unione Europea sono state molto colpite dalla Seconda guerra mondiale e anche dalla prima. E hanno intrapreso un processo per mantenere la pace. Volevano avvicinare e riunire i Paesi europei. Ma la generazione che ha vissuto la guerra è invecchiata e le giovani generazioni non hanno memoria di quello che è successo e la loro “urgenza” di Europa è più debole. Ma per tornare al debito, se viene condiviso deve essere molto chiaro che è necessario un controllo federale e una moneta unificata. E questo è ciò che Schroeder chiama Stati Uniti d’Europa». In Europa c’è molta ambiguità  a proposito dei salvataggi e questa ambiguità  si è andata sviluppando. Ma gli europei riusciranno a venirne fuori. Non saranno decisioni facili. E non ha senso parlare di giusto o sbagliato, ma ci saranno vincitori e perdenti».
Il presidente Obama preme perché l’Europa agisca in fretta.
«Trovo imbarazzante che gli Usa dicano all’Europa o anche alla Cina cosa fare, neanche avessimo tutto in ordine, e non è questo il caso».
E l’Italia, in caso di «Grexit» c’è pericolo di contagio?
«Dipende molto da come si comporterà  la Grecia, e anche gli altri Paesi, da quello che faranno le agenzie europee e mondiali: è molto complicato. E poi io non sono un esperto delle cose italiane. Dovreste rivolgervi a Marinacci, un’economista molto sofisticato che insieme con Fabio Maccheroni ha messo a punto nuovi metodi per interpretare il rischio e l’incertezza. Quello che farò io oggi è cercare di spiegare in modo più semplice le loro teorie».


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