«Dietro la furia c’è la paura del baratro Ma questo è un popolo combattente, resisterà »

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Quel pezzo di roccia caduto ad Atena in volo sopra la piana è il punto più alto della sua città , 277 metri da dove guardare nel buio che sta per arrivare. «Aveva vissuto abbastanza ad Atene per intuirne l’umore, le opinioni, la sentiva di pancia. L’aria… era nell’aria. Qualcosa di imminente. Venne sopraffatto dal bisogno di camminare». Mihalis sale, ubriaco di grappa, mentre il suo Paese scende sobrio nel baratro della dittatura. Le vacanze estive, la lingua del padre, lo zeibekiko suonato dalle vecchie radio a transistor, il cibo delle taverne, i versi del prozio. Per una ragazza cresciuta negli Stati Uniti, in Michigan, il ritorno alle origini è stato ritmato dai suoni e dai sapori. Natalie Bakopoulos sapeva d’istinto — di pancia come il suo personaggio — che il primo romanzo doveva essere ambientato in Grecia e doveva avere un poeta per protagonista.
The Green Shore è stato pubblicato dieci giorni fa da Simon & Schuster. Il titolo richiama le parole di Kostas Karyotakis («saranno il dono e la buona sorte garantiti / a noi che una notte possiamo andare a morire / là  sulla costa verde della nostra terra nativa?») e il personaggio di Mihalis è ispirato a un altro Mihalis, vissuto davvero, il prozio scrittore Katsaros. «Non l’ho mai conosciuto — racconta Natalie —. Mi sono state raccontate molte storie su di lui dalla mia famiglia, dagli amici, da chi l’aveva incontrato per le strade di Atene. Perché era più noto per i suoi atteggiamenti e il suo stile ribelle che per i suoi poemi. Viveva in un seminterrato nella casa di mio padre, quartiere di Halandri, era amico del compositore Mikis Theodorakis, che qualche volta si fermava da loro. Tutto questo mi ha intrigato. Un musicista, un poeta, una cantina: la vita artistica sotterranea, un mondo sotterraneo».
L’estate scorsa Natalie arriva ad Atene come ogni anno e la prima immagine è quella di una foto ricevuta sul telefonino. Tra le tende che da due mesi presidiano piazza Syntagma stanno appesi come una bandiera i versi del prozio: Resisti, così comincia la sua poesia più celebre. In quella stessa piazza nel 1966 — ha ricordato la scrittrice sulla rivista Granta — Katsaros aveva chiesto a un amico: «Prenderai parte al prossimo scontro fratricida?». La Grecia era ancora spossata dalla guerra civile, un anno dopo i Colonnelli avrebbero conquistato il potere.
Nel romanzo c’è una scena in cui il Mihalis della finzione entra in un caffè elegante che una volta era un locale semplice e disadorno. Sale in piedi su una sedia e comincia a insultare i clienti, una tirata contro i borghesi che si sono impossessati del vecchio ristorante, un’orazione scalmanata che condanna la loro raffinata passività  verso la dittatura. «È una storia vera. Ho cambiato l’ambiente, ma gli improperi e le insolenze sono stati urlati dal mio prozio».
La rabbia ingolfa ancora le strade di Atene. Rabbia contro il Memorandum, l’accordo firmato con l’Unione Europea, la Banca Centrale Europea, il Fondo Monetario Internazionale, che ha imposto i tagli agli stipendi e alle pensioni. Rabbia contro Angela Merkel e l’austerità  alla tedesca. Rabbia contro i politici corrotti, rabbia contro tutto. «La vita dentro l’euro è una condanna a morte, non votare», proclama un graffito. «Bruciate il Parlamento», «Bruciate le urne elettorali», esortano altri slogan della disperazione. «Dietro alla furia c’è tanta paura — commenta la scrittrice, che ha appena passato un periodo in Grecia dove il libro è stato tradotto —. Paura del futuro, del non sapere quello che succederà . Quando gli studenti del Politecnico vennero massacrati dai carri armati nel 1973, nessuno poteva immaginare che quell’azione sarebbe stata l’inizio della fine per i Colonnelli. Anche adesso la gente non riesce a vedere l’uscita dalla crisi e perde la speranza».
La democrazia ritorna il 24 luglio del 1974. Alexis Tsipras, il leader della sinistra radicale, è nato quattro giorni dopo. Natalie due anni prima. La sua è la stessa generazione dei giovani politici che stanno affrontando il dominio, incontrastato per quasi un quarantennio, dei socialisti di Pasok e dei conservatori di Nuova Democrazia. «Dalla guerra civile in avanti i greci si sono sempre divisi e definiti tra destra e sinistra. Oggi questi confini si stanno intrecciando e confondendo. Parlo con i miei amici che hanno sempre sostenuto Pasok e ora passano a Nuova Democrazia. L’elemento più significativo — come ho scritto sul New York Times — è che gli elettori stanno scegliendo le frange estreme. La propaganda nazionalista è sfruttata da tutti e i partiti presentano il voto come una scelta tra vita e morte: o sei con noi o sei contro di noi, l’euro o la dracma».
Nel reportage per Granta, Natalie si chiede chi il prozio poeta avrebbe selezionato come nemico in questi nuovi anni di lotta. «Si opponeva a quasi tutto e avrebbe rimproverato quasi tutti. I suoi versi intitolati Ti lasceròpossono essere indirizzati sia alla folla che protesta in piazza Syntagma sia al governo che viene contestato da quella stessa folla».
Ti lascerò correre
Io, in mezzo ad alberi morti e tombe,
con le mie bandiere a brandelli
con e senza vento
in mezzo alle tue incerte moltitudini
io mi aggirerò da solo-
un appassionato principe/mago
Il momento è arrivato. I templi verranno distrutti
Non c’è fuoco nel tuo cuore
Resistere. Così scrive anche il Mihalis del romanzo sui volantini che distribuisce in segreto nei primi giorni dell’oppressione. È il verbo greco di tutte le epoche e in tutte le declinazioni. «Questo popolo ha un istinto combattente — commenta Natalie — un orgoglio che le imposizioni internazionali (“voi non siete capaci, adesso ci pensiamo noi”) possono solo rafforzare. La gente qui non abbasserà  mai la testa».
Karaghiozis è il personaggio principale del teatro delle ombre, lo spettacolo che i greci hanno ereditato da un altro dominatore, i turchi. Rappresenta le virtù, e soprattutto i vizi, dell’uomo greco «che quando si guarda allo specchio — scrive Nikos Dimou — ci vede Alessandro Magno o (almeno) Onassis. Mai Karaghiozis… Karaghiozis con i suoi tanti mestieri, i molteplici volti, la fame costante e un’unica arte: la commedia». Negli aforismi pubblicati nel 1975 (e adesso proposti in Italia da Castelvecchi, L’infelicità  di essere greci) l’intellettuale si pone la domanda che oggi gli elettori sentono risuonare nella testa andando a votare: «Insomma chi siamo? Gli europei d’Oriente o gli orientali d’Europa? Un popolo sviluppato del Sud o uno sottosviluppato del Nord?».
La risposta di Natalie Bakopoulos, di chi è nata in Michigan e si è trasformata in questo Paese, torna ai padri fondatori dei due partiti che l’ultimo mese di doppie elezioni ha sconquassato: «Konstantinos Karamanlis, creatore di Nuova Democrazia, ripeteva che la Grecia appartiene all’Occidente. Andreas Papandreou, storico leader del Pasok, replicava che la Grecia appartiene ai greci».


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