“La frantumazione dell’euro non è ancora scongiurata”

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ROMA â€” «L’intervento per la Spagna non risolve le incertezze. Manca ancora una parola chiara, forte e inequivocabile da parte dei Paesi più forti dell’eurozona: devono assicurare che faranno barriera contro la frantumazione della moneta unica. E possono farlo». Michael Spence, economista della New York University, premio Nobel 2001, è in Italia per presentare il suo libro “La convergenza inevitabile” (Laterza). Non è particolarmente impressionato dalla decisione dell’eurogruppo, che anzi equivale secondo lui ad un’altra occasione mancata.
Cento miliardi sul piatto: cos’altro
andava fatto?
«L’euro per non implodere deve poter contare su un pacchetto di misure tale da azzerare o ridurre al minimo, in modo strutturale, gli
spread.
È l’unico deterrente contro i nemici della moneta europea, che sono tanti. È nell’interesse di tutti varare una politica di stabilizzazione, mediante acquisti di titoli e altre operazioni parallele tipo Ltro, che smussi una volta per tutte gli interessi più alti e riequilibri i valori dei titoli di Stato. È il modo per evitare rischi di contagio
quando si apre una crisi».
E’ interesse anche dell’America, come indicano i reiterati allarmi di Obama?
«Il crollo dell’euro con l’inevitabile depressione, unito al brusco rallentamento della Cina, dell’India e degli altri Brics, significa sicura recessione per gli Usa. Perciò i consiglieri di Obama si stanno dando da fare per convincere le autorità  europee che l’unico modo per risolvere la crisi del debito in tutta l’eurozona è un’iniziativa politica del tipo che ho descritto. I
fondi ci sono: tra l’altro questo genererebbe plusvalenze sui titoli che la Bce, l’Efsf, il costituendo Esm o chiunque operi, andrebbe ad incassare».
Lei dice “tutta l’eurozona”, anche la Grecia?
«No, la Grecia è un discorso a parte. L’Europa deve pensare di fare a meno di Atene e forse anche di Lisbona. Peraltro, visto che neanche
in extremis,
distratti dalla Spagna, si è gettata una ciambella di salvataggio alla Grecia, ci penseranno le forze antieuro nel
nuovo Parlamento a promuovere l’uscita. La quale è inevitabile ma non vorrà  dire, come sostiene un inspiegabile
consensusche
si è diffuso, la fine dell’euro: l’uscita della Grecia non comporta il
breakdowndella
moneta. Lo comporterebbe l’uscita dell’Italia, e probabilmente della Spagna. Quel che serve in questi due Paesi-chiave sono riforme strutturali, finanziarie ed economiche, e una stretta vigilanza da parte dell’Europa perché vengano completate e attuate. A fronte della certezza che i
Paesi in difficoltà  mantengano le promesse, l’Europa deve varare subito la stabilizzazione finanziaria ».
La Spagna è
sub iudice
in queste ore, e l’Italia?
«Pensioni, liberalizzazioni anche se per ora non tutte, mercato del lavoro perché la flessibilità  costituisce una cornice indispensabile per qualsiasi politica di crescita: l’Italia sta facendo bene. Guardate che dire “politica di rigore fiscale” non vuol dire che da un giorno all’altro tutto vada bene e il bilancio sia in ordine. Vuol dire una volontà , una determinazione, una coerenza d’indirizzo».
E’ sicuro che i tedeschi siano altrettanto ottimisti?
«A parte che un minimo d’ottimismo serve per motivare i cittadini ai quali si chiedono sacrifici anche in termini di solidarietà  paneuropea, ho parlato con esponenti del governo tedesco e sono molto più malleabili di un anno fa. Non posso dire se questo sentimento di realismo sia diffuso presso il popolo tedesco, ma direi che il passo verso la crescita sarà  fatto dalla Germania molto presto. Forse non nel vertice di fine mese, ma presto».


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