Italia in recessione, meno 1,4% Borsa e Btp, mercati all’attacco

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ROMA — La prima reazione è stata positiva, ma l’entusiasmo dei mercati per gli aiuti europei alle banche spagnole annunciati nel fine settimana non è durato molto. Gli umori sono cambiati a metà  giornata determinando la virata negativa dei listini, con la Borsa di Milano in caduta del 2,8%, e l’impennata degli spread dei rendimenti rispetto ai Bund tedeschi dei titoli pubblici di Spagna e Italia, tornata nel mirino della speculazione. Il differenziale dei Btp decennali si è allargato a 470 punti dai 442 di venerdì con un rendimento salito fino a sforare il 6%. Quello dei Bonos di stessa durata si è ampliato a 516 punti base con un tasso del 6,5%. Sull’Italia si è pure abbattuta la conferma della recessione in atto da parte dell’Istat, che ha ufficializzato le cifre preliminari del calo nel primo trimestre dell’anno del Prodotto interno lordo dello 0,8% rispetto ai tre mesi precedenti e dell’1,4% rispetto allo stesso periodo del 2011. Ma sui mercati gli investitori hanno cominciato a interrogarsi sulle incognite, che sono ancora significative, dell’intervento a favore del sistema del credito iberico e sono tornati a guardare, con timore, al voto in Grecia di fine settimana.
Un quadro che preoccupa fortemente anche l’Italia, ma che non giustifica secondo Palazzo Chigi gli attacchi lanciati negli ultimi giorni contro Roma dal New York Times e dal Wall Street Journal («Paese all’angolo», premier di fronte a «sfide insormontabili»). E «forzato» appare l’accostamento dell’Italia alla Spagna. Tutti giudizi bollati come «esagerazioni» dato «il buon rapporto» esistente con gli Stati Uniti.
I mercati guardano alla Spagna e al perimetro degli aiuti che saranno concessi — e delle condizioni che saranno richieste — dall’Europa. Una delle incognite riguarda il meccanismo che interverrà  nel sostegno, se cioè il vecchio Fondo salva Stati (Efsf) oppure il nuovo fondo permanente (Esm). Le conseguenze sarebbero diverse sia per i mercati sia per i conti pubblici dei Paesi dell’eurozona. La scelta dell’Esm, che peraltro non è ancora operativo, conferirebbe al finanziamento concesso un più forte carattere di credito privilegiato, penalizzando gli altri prestatori privati a valere sul debito spagnolo. E quindi è vista con preoccupazione dagli investitori. L’uso del nuovo meccanismo peserebbe però meno sugli altri Paesi, che hanno già  contabilizzato i versamenti pro quota del capitale, come ha fatto l’Italia che quest’anno verserà  all’Esm 5,6 miliardi. Se invece a intervenire fosse l’Efsf, come è stato già  per Irlanda, Portogallo e Grecia, gli Stati dell’eurozona dovranno garantire le nuove operazioni. Ciò vuol dire che quando fosse definito con precisione il fabbisogno della Spagna, questo verrebbe trasferito nel debito degli altri Paesi ognuno secondo la propria quota. Quella dell’Italia è del 19,8%, che andrebbe ad aumentare gli stanziamenti già  previsti per gli aiuti agli altri Paesi europei, pari a 29,5 miliardi nel 2012 più i 5,6 miliardi per l’Esm (che si aggiungono ai 13,1 miliardi erogati nel 2010 e 2011). Facile capire che l’Italia, guardando ai suoi conti pubblici, tifi fortemente per l’Esm, contrariamente alla Spagna.
L’incertezza comunque non fa bene ai mercati. E alle Borse europee, che con l’eccezione di Francoforte (rimasta in vantaggio dello 0,17%) hanno tutte chiuso in rosso anche se lieve. Milano è andata nettamente peggio, scivolando sotto del 2,79% zavorrata dai titoli bancari che nel complesso hanno perso il 5% con Unicredit, caduta dell’8,81% a fare da apripista. Su Piazza Affari è piombata la paura del contagio, favorita dai report negativi di alcune grosse banche di investimento internazionali, anche se il sistema del credito italiano è decisamente più in buona salute di quello spagnolo, coinvolto nello scoppio della bolla immobiliare. Tanto che la Bce, secondo Reuters, avrebbe chiesto a Madrid di riesaminare e rafforzare i piani per la creazione di una bad bank in cui far confluire — e quindi isolare — gli asset immobiliari a rischio in pancia agli istituti iberici, per poi venderli.


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