In Italia lavora un detenuto su cinque. Solo 1 su 30 lo fa per ditte esterne

Loading

ROMA – Il ministro Severino, in visita ieri al carcere della Dozza, lo aveva proposto: far lavorare i detenuti alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Una proposta subito accolta, nel corso della serata, dal Tribunale di sorveglianza del’Emilia-Romagna. Ma quanti sono oggi in Italia i detenuti che lavorano?
I dati. In Italia un detenuto su 5 svolge un’attività  lavorativa. Al 30 giugno 2011 sono 13.765 i detenuti lavoranti, ossia il 20,42% della popolazione carceraria. Il dato del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) è stabile rispetto al 2010, ma in calo rispetto agli anni precedenti: nel 2009 lavorava il 21,1% dei detenuti, nel 2008 il 24,4%, nel 2007 il 28,7%. 
Nel 2011 l’83,6% dei detenuti lavoranti (11.508 reclusi) opera internamente alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, mentre il restante 16,4% (2.257 detenuti) lavora alle dipendenze di cooperative sociali o imprese, dentro al carcere o all’esterno, in regime di semilibertà . Facendo una proporzione con il totale dei detenuti (quasi 67 mila), ecco che solo 1 su 30 lavora fuori dal carcere.

Lavori interni. La maggior parte dei lavori sono interni, alle dipendenze dell’amministrazione: si tratta delle attività  necessarie per la gestione quotidiana delle carceri, come servizi di pulizia, cucina, manutenzione ordinaria, che prevedono una turnazione molto forte. Dal 2006 al 2011 il budget per la remunerazione dei lavoranti è diminuito di circa 21.735.793 euro, arrivando a uno stanziamento nel 2011 di 49.664.207, nonostante i detenuti siano aumentati di oltre 15 mila unità  (rapporto Antigone “Carceri nella illegalità , la torrida estate 2011”).

Lavori esterni. Il numero dei detenuti, che lavorano dentro e fuori dal carcere per ditte o cooperative esterne, è passato dai 1.798 del 2009 ai 2.257 del 2011. Significative le esperienze in corso negli istituti di Padova, Milano Bollate, Torino, Monza e Massa, dove alcuni imprenditori hanno assunto un significativo numero di detenuti, per attività  da svolgere all’interno del carcere. I lavori più frequenti sono quelli artigianali: falegnameria; lavorazione di ferro, vetro e metalli; sartoria; panificazione; pasticceria e produzione agricola. A giugno 2010 erano attivi, ad esempio, 34 laboratori di falegnameria, 21 di sartoria, 26 tra vivai, serre, allevamenti e attività  agricole, 8 legatorie, 12 lavanderie. 
Secondo un’indagine della Camera di commercio di Monza e Brianza, se tutti i detenuti lavorassero produrrebbero una ricchezza pari a oltre 700 milioni di euro, mentre attualmente è pari a 300 milioni. In Lombardia il valore economico prodotto dal lavoro dei detenuti è pari a 44 milioni di euro.

 © Copyright Redattore Sociale


Related Articles

Cie, una gabbia per lavarsi Denuncia dei medici Medu

Loading

gabbie cie lamezia

Gabbie gialle e fresche di pittura, ma gabbie lo stesso. Migranti rinchiusi dietro il filo spinato e un muro di silenzio difficile da rompere. Non “centri di accoglienza” o di “permanenza” ma carceri a tutti gli effetti, non cosiddetti “ospiti” ma “detenuti”.

Dati sulla non autosufficienza grave: pronto il documento per i Nas. Al via le verifiche

Loading

Strumento di rilevazione elaborato dalla Commissione d’inchiesta su Ssn, che ha recepito le indicazioni del Comitato 16 novembre. Ora partiranno le verifiche. Giacobini (Fish): “Il Comitato ha fatto un buon lavoro, ora più difficile temporeggiare”

Reclusi senza un perché

Loading

Le condizioni disumane di vita nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, a Roma. Rotto l’isolamento dei migranti rinchiusi, grazie alla campagna LasciateCIEntrare

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment