Il rovesciamento della realtà
SOPRATTUTTO se si tiene presente che, nella maggior parte dei casi, pone gravi problemi di normale sopravvivenza a una larghissima platea di famiglie con figli a carico, mutui da rimborsare, spesa quotidiana da fare. Il primo aspetto scandaloso di questa vicenda nasce dalla insistita sottovalutazione della dimensione del problema. Eppure, siamo franchi, non ci voleva Pico della Mirandola per capire che, allungando l’età di pensionamento, la riforma previdenziale avrebbe avuto effetti perversi su quel gran numero di lavoratori che, in base alla vecchia normativa, aveva accettato di lasciare il proprio posto per favorire i processi di ristrutturazione di tante aziende in difficoltà . Fatto sta che né il governo nel predisporre la sua riforma né il parlamento nel discuterla e approvarla hanno ritenuto la questione meritevole di un congruo approfondimento e quindi anche di una tempestiva soluzione. Un po’ tutti, perfino in qualche misura anche i sindacati, si sono fidati delle assicurazioni del ministro competente, Elsa Fornero, secondo la quale il nodo sarebbe stato sciolto presto e bene. Tanto presto e bene che, a mesi di distanza, la questione oggi riesplode facendo venire alla luce l’inaffidabilità degli impegni ministeriali. Con una caparbietà — che non testimonia certo acutezza di visione politica e tanto meno economica — la signora Fornero ha continuato nella sua sistematica strategia di sottostima del problema, acconciandosi alla fine con fatica a proporre un intervento di sostegno limitato a circa 65mila soggetti. E ciò nonostante che dai sindacati, dai partiti, oltre che da esperti della materia, venissero valutazioni ben più cospicue sul numero dei malcapitati rimasti prigionieri della riforma previdenziale. Un atteggiamento ingiustificabile da parte di chi ha responsabilità di governo, tanto più se in materia sociale, che ora ha raggiunto il colmo con gli attacchi della stessa Fornero all’Inps, reo di aver alzato il velo sulla realtà sgradita alla signora ministro calcolando in quasi 400mila gli italiani vittime della tenaglia del niente salario e niente pensione. Sorvoliamo pure sul fatto che la titolare del ministero del Lavoro ha bollato come «deplorevole» la diffusione di questi dati mettendo in luce una concezione, diciamo così, elitaria del diritto alla conoscenza degli affari pubblici in una normale democrazia. Il punto ancora più critico è che la signora Fornero ha accusato i vertici dell’Inps di «creare disagio sociale» rammaricandosi di non poterli licenziare speditamente come sarebbe possibile in un’azienda privata. Par di capire, insomma, che il ministro sospetti i capi dell’Inps di aver tramato contro di lei. Se così è, si può rassicurarla: nessuno sta tramando contro Elsa Fornero più e meglio di quanto stia facendo lei stessa in prima persona. Qualcuno, infatti, dovrebbe chiarirle che l’Inps sarà pure un ente sottoposto alla sua vigilanza, ma esso è soprattutto un istituto al servizio degli italiani prima e più di chi occasionalmente esercita il ruolo ministeriale. E anche l’accusa di fomentare il disagio sociale appare solo come un infelice tentativo di rovesciamento della realtà . Non sono i numeri dell’Inps, per quanto pesanti, ad alimentare le paure degli italiani. Di autentica disperazione ce n’è una sola: quella degli sventurati che sono rimasti senza lavoro e senza pensione nelle mani di un ministro che non vuole neppure riconoscerne l’esistenza. Quello recitato da Elsa Fornero sembra, a questo punto, un copione da farsa. Prima che volga in tragedia (le premesse sociali ci sono già tutte) è urgente che Palazzo Chigi si riappropri della questione esautorando — non importa se di fatto o di diritto — un ministro così recalcitrante dinanzi alla realtà . Con quel che già succede sui mercati internazionali, non c’è proprio bisogno di ulteriori tensioni domestiche.
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