IL NUOVO UOMO FORTE D’EUROPA

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In effetti, a prima vista la “V Repubblica” è una splendida cinquantenne, per riprendere il titolo di un libro edito nel 2010 da Il Mulino. Le sue istituzioni favoriscono un’alternanza senza intoppi e un passaggio immediato dei poteri. Le diverse modalità  di voto permettono di designare chiaramente un presidente della Repubblica e di dargli una maggioranza parlamentare; e contribuiscono inoltre, in presenza di solidi fattori storici e culturali, a mantenere un forte divario tra sinistra e destra. Questa Repubblica induce chi viene eletto alla magistratura suprema a superare se stesso: Franà§ois Hollande intende rompere con lo stile del suo predecessore, ma dovrà  rivestire gli abiti del monarca repubblicano che tanto piacciono ai francesi. In breve, le elezioni del 2012 dimostrano che la Francia rimane un Paese profondamente politico. Dobbiamo dunque pensare che la sua consacrazione elettorale ha fatto di Franà§ois Hollande l’uomo forte della Francia, se non addirittura dell’Europa? Nulla di meno certo. Innanzitutto perché l’antipolitica imperversa. Al primo turno delle presidenziali i candidati protestatari hanno ottenuto quasi un terzo dei voti; e alle legislative il tasso di astensioni è stato molto elevato. La diffidenza verso i responsabili politici è generalizzata. Inoltre, gli indici dell’economia francese non sono buoni, e costringono fin d’ora Franà§ois Hollande a ridurre la spesa pubblica e ad aumentare le imposte, pur tentando di mantenere le sue promesse sociali. Infine Hollande dispone di fatto, non diversamente dai leader degli altri Paesi dell’Unione Europea, di poteri limitati a fronte dei mercati finanziari. Soprattutto a causa delle divisioni dell’Europa. E’ qui che il suo apparente dinamismo mostra i suoi limiti. Certo, all’indomani della sua elezione il presidente francese ha posto fine alla politica «Merkozy», aiutato anche da altri capi di governo europei, tra cui Mario Monti, e dal presidente Barack Obama. Ma deve fare i conti col deterioramento della situazione sociale, con l’avanzata dei populismi e la crescente tendenza degli europei – italiani compresi – al rigetto di quest’Europa. Indubbiamente, Franà§ois Hollande ha costretto Angela Merkel alla difensiva sui temi della crescita, del fiscal compact, del ruolo della Banca Centrale Europea, del Meccanismo europeo di stabilità , degli eurobond o della tassazione delle transazioni finanziarie. Ma il tempo stringe, e incita a un inevitabile compromesso, che non sarà  facile da trovare, anche perché tra Berlino e Parigi i toni si stanno alzando. Come al solito, quando i rapporti tra Germania e Francia si fanno più tesi, Parigi si ricorda all’improvviso dell’esistenza di Roma, senza mai pensare però, neppure per un momento, che un accordo tra le due capitali possa sostituirsi all’intesa franco-tedesca. Il più delle volte, il ravvicinamento con l’Italia mira a rafforzare le pressioni sulla Germania. Non mancano peraltro i punti di attrito tra i due Paesi: ad esempio sull’Europa federale, un’idea cara all’Italia, o anche sugli strumenti da porre in campo per favorire la crescita. Il governo socialista francese non è pronto a condividere la politica di liberalizzazioni che Mario Monti si sta sforzando di portare avanti. Oggi la partitura interpretata da Franà§ois Hollande e Mario Monti è armoniosa, ma in breve potrebbe diventare cacofonica. Col rischio, stavolta per Hollande, che in questo momento si sta dimostrando così battagliero, di ritrovarsi a sua volta sulla difensiva.
Traduzione di Elisabetta Horvat


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