Il miracolo rosso sangue del Brasile

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Diciamolo, siamo tutti ammiratori della crescita straordinaria del Brasile, capofila dei Bric (Brasile, Russia, India, Cina) e non possiamo non apprezzare il tentativo di svolta democratica impresso da Lula, sindacalista e poi presidente. Non dimentichiamo che il Brasile è entrato a fare del G20 proprio per la sua crescita e che si tratta di un paese grande 28 volte l’Italia. Ma proprio l’analisi, economica e sociale di questo miracolo, mette in luce la verità  del capitalismo. Quando soffia il buon vento e c’è la crescita il capitalismo è selvaggio e se ne frega di tutte le costituzioni e le leggi. È repressivo, violento, spinge lo sfruttamento al limite della ferocia. E in un paese giovane come il Brasile e attraversato da profonde differenze razziali, non conosce limiti e il libro di Monti rappresenta una realtà  al limite del terrificante. È un capitalismo aggressivo. Quando invece c’è crisi, come da noi in Europa e in Italia si ritira, fa disoccupazione e miseria, quasi rinuncia allo sfruttamento, che non è più redditizio.
Il libro di Monti è così un’analisi e denuncia del capitalismo giovane e con vasti orizzonti di crescita e non è affatto casuale che in Brasile nel passato, anche recente, ci siano state la dittatura di Getulio Vargas e poi quella un po’ più feroce dei militari, le cui forze armate continuano a essere soggetti di violenza repressiva anche sotto il governo di Lula. E Monti sottolinea l’importanza della «accumulazione forzata di capitale infrastrutturale, fisico e istituzionale, avvenuta a opera di governi sostenuti da regimi militari». E aggiunge «il miracolo economico vero e proprio (fino al 14% di crescita del Pil si registrò nel quinquennio più feroce della dittatura militare (ottobre 1969-marzo 1974) sotto la presidenza di Garrastazu Medici, che sospese lo stato di diritto, istituzionalizzò la tortura, dispose arresti di massa e introdusse la pena di morte, abolita solo nel 1979». E, ovviamente, la corruzione (che ha finito per colpire anche Lula e l’attuale presidente Wilma Roussef) diventa lievito dello sviluppo.
Ampia, precisa è la documentazione delle violenze che arrivano fino all’assassinio e viene da chiedersi di quanto sangue grondi lo sviluppo brasiliano. C’è nel seguirsi delle pagine una radiografia precisa e puntuale di violenze e abusi, che vanno anche oltre l’immaginazione di noi europei e pur critici del capitalismo. E così questo di Monti non è solo un libro sul Brasile, i suoi miracoli e le sue vergogne, ma una analisi generale dei meccanismi del capitalismo quando è in crescita. Insomma i miracoli economici del capitalismo sono anche violenze e vergogne civili.


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