by Editore | 5 Giugno 2012 6:41
NOVI (Modena) — La ricostruzione del dopo terremoto in Emilia potrebbe passare anche dai detenuti «di tutte le carceri della Regione e se fosse possibile non solo». È la «piccola idea» che il ministro della Giustizia Paola Severino ha lanciato ieri durante la visita al carcere della Dozza di Bologna. Una proposta ancora tutta da scrivere e da discutere con i provveditori e i direttori. Il ministro ipotizza di «rendere utile la popolazione carceraria non pericolosa per i lavori di ripresa del territorio», immagina i detenuti eventualmente ammessi al progetto come «protagonisti di un’esemplare ripresa» e spiega: «Ho sempre pensato che il lavoro carcerario sia una risorsa per il detenuto, un vero modo per portarlo alla risocializzazione e al reinserimento nella società ».
La proposta ha il sostegno di Fli, piace a Mario Baccini, presidente dei Cristiano Popolari, che a Rainews24 dice «è umana e condivisibile», ha il consenso dei sindacati degli agenti penitenziari Sappe e Uilpenitenziari e ha trovato d’accordo anche la Coldiretti. La boccia, invece, Roberto Calderoli, triumviro della Lega: «Invece di aprire le porte delle galere — sostiene — facciamo tornare dalle missioni all’estero le migliaia di nostri soldati».
Non sarà contento, Calderoli, nemmeno dell’altra questione discussa ieri dal ministro Severino: le celle aperte di giorno e di notte per motivi di sicurezza. «Ci siamo organizzati per poterlo fare» spiega il Guardasigilli. «Non possiamo aggiungere anche l’angoscia della claustrofobia» per chi è in cella e «sa di non poter andare da nessuna parte».
Anche ieri (era la giornata di lutto nazionale per le vittime del terremoto in Emilia) le scosse sono state continue. Ancora paura, soprattutto nei Comuni già disastrati, di nuovo quella sensazione di non sentirsi al sicuro da nessuna parte. Il sindaco Luisa Turci ripete «siamo in piedi, ce la dobbiamo fare». Ma lo sconforto dilaga perché proprio quando si comincia a rialzare la testa la terra ricomincia a tremare. Se domenica qualcuno si era fidato della tenuta dei propri nervi ed era rientrato a casa, adesso la reazione è la resa, la tendina montata fuori casa, la fuga da amici lontani. «Mi hanno detto che non ci sono danni seri e che le piccole crepe non mettono in pericolo nessuno. Bene, ma ci vorrà molto tempo per convincermi che la mia casa è sicura» dice una signora «autosfollata» in una zona di Novi di Modena che non ha subito danni gravi. Per tutto il giorno è stata una processione di novesi davanti al fantasma della Torre dell’Orologio. Tutti a scrutare quel groviglio di mattoni e ferro che la magnitudo 5.1 di domenica sera ha tirato giù. Qualcuno piange, qualcuno discute di come si sarebbe potuta salvare, tutti scattano fotografie con il telefonino. Un ricordo funesto da mostrare e raccontare in futuro.
È al futuro (prossimo) che pensava ieri l’assessore all’istruzione dell’Emilia-Romagna Patrizio Bianchi quando si è messo a fare i conti sulle conseguenze delle scosse per il suo sistema scolastico. La situazione è drammatica. Dopo il sisma del 20 maggio le scuole inutilizzabili erano «solo» 69, con la scossa di una settimana fa sono saliti a 219 (tutte statali), 121 delle quali totalmente inagibili, le altre soltanto in parte. E poi ci sono le materne paritarie (50 danneggiate di cui 17 gravemente e altre 52 da controllare), gli edifici universitari (a Ferrara in particolare), cinque centri di formazione professionale evacuati. Un disastro, come spiega meglio il numero più significativo di questi conteggi: sono 50 mila gli studenti (fra le province di Ferrara, Bologna, Reggio Emilia e Modena) in qualche modo coinvolti nei problemi causati dal terremoto. Nel Modenese le cifre peggiori: 33 mila studenti interessati e 102 scuole lesionate sulle 382 presenti sul territorio. Per adesso la priorità è degli scrutini, dopodiché si dovrà pensare alla riapertura delle scuole, il 17 settembre. L’assessore Bianchi pensa a «strutture provvisorie ma di alta qualità . Prefabbricati stabili nel segno di una ricostruzione ecocompatibile e intelligente».
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