Il governo vuole tagliare 10 mila statali
ROMA — Spending review alla stretta finale. Girandola di riunioni ieri a Palazzo Chigi e al ministero della Sanità per mettere a punto il decreto che, dopo ulteriori verifiche previste tra oggi e domani, potrebbe essere varato già da lunedì, dopo i vertici con sindacati e Regioni. Le cifre sono ancora ballerine: restano aperte tutte le opzioni, ma dopo i risultati positivi di Bruxelles, di sicuro c’è solo che bisognerà reperire i 4,2 miliardi per la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva di quest’anno, le risorse per il terremoto dell’Emilia e le spese inderogabili come quelle per le missioni internazionali. Forte anche del buon risultato del gettito Imu, ieri Monti ha escluso il ricorso ad una manovra di aggiustamento dei conti in corso d’anno. Resta tuttavia aperta l’ipotesi di portare l’arco temporale della manovra su tre anni (anche perché l’aumento dell’Iva ci sarà anche l’anno prossimo e la sua eliminazione
costerà 13,2 miliardi). In questo caso si arriverebbe a 30 miliardi fino al 2014.
La sanità è al centro di un braccio di ferro nelle ultime ore. Riunioni tra i ministri interessati e lo stesso Balduzzi (titolare della Sanità ) si sono tenute anche ieri: quello che è certo è che la spesa per i medicinali di Asl e ospedali dovrebbe scendere dall’attuale tetto del 13,2 per cento, ma il ministero della Sanità vorrebbe scendere di 2 punti mentre le richieste di Bondi sarebbero ben superiori (fino a 5 punti). L’obiettivo è comunque quello di ottenere risparmi complessivi di 1,5 miliardi.
Gran lavoro anche sul pubblico impiego: scontato il taglio dei buoni pasto da 7,5 a 5 euro al giorno, mentre come ultima cartuccia si tiene sempre pronta l’ipotesi di un rinvio del pagamento della tredicesima a gennaio del 2013. La manovra prevede la riduzione della pianta organica: del 20 per cento per i dirigenti, del 10 per cento i dirigenti di secondo livello e del 5 per cento per gli altri ruoli. In tutto sarebbero interessati 10 mila dipendenti: chi non accetterà la mobilità , cioè di spostarsi da un ufficio all’altro nell’ambito della Regione, passerà in “cassa” per 2 anni con l’80 per cento dello stipendio e poi 8 mesi in Aspi. A sorpresa spunta anche l’ipotesi di un rafforzamento della manovra: per favorire gli esodi si derogherebbe alla riforma Fornero in modo da mandare in pensione con le vecchie regole anche chi ha maturato i requisiti nei primi mesi di quest’anno.
La partita delle Province sembra farsi concreta: a fine anno la Corte costituzionale si pronuncerà sul sistema dei tagli previsto dal “Salva Italia”, c’è la possibilità che le Province vincano il ricorso e dunque si dovrà nuovamente procedere con legge ordinaria. Si taglieranno da 10 a 40 province con il metodo dell’accorpamento in base a numero di Comuni, superficie e abitanti. Tagli anche per Tribunali e Prefetture: queste ultime in particolare scompariranno dove saranno cancellate le Province. Per i Comuni sopra i 5.000 abitanti è previsto che gestiscano obbligatoriamente i servizi in forma associata.
Nel mirino anche le società partecipate da parte di Regioni, Province e Comuni. Ieri è stata la stessa associazione delle Province (Upi) a sottolineare che esistono 3.127 società , consorzi ed enti strumentali di Regioni, Province e Comuni, con «sigle improbabili » create dal nulla «spesso per spartire poltrone e gestire potere». Costano al Paese 7 miliardi l’anno, di cui 2 per i soli Consigli di amministrazione.
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