by Editore | 19 Giugno 2012 6:34
MILANO — Il fondo paga. Domani l’organo ristretto del fondo interbancario che, a norma di legge, interviene a ristoro dei correntisti degli istituti in crisi deciderà di coprire i 65 milioni di euro che 28mila clienti di Banca Network si trovano bloccati dal 31 maggio («misura necessaria per fronteggiare la situazione di difficoltà della banca»), più i 14 milioni del fondo rischi che il gruppo ha accumulato per le cause legali nate da passate condotte poco virtuose.
Prima dell’estate tutto verrà sanato: venerdì Consultinvest sim ha rilevato le masse in gestione, Cassa di Ravenna si occuperà delle attività commerciali – marginali, trattandosi di istituto che opera con una rete di promotori nel risparmio gestito – e in breve tempo Banca Network andrà in amministrazione coatta, che la farà sparire lasciando in ricordo agli azionisti svariate decine di milioni persi. Nomi di riguardo: in primis la Sopaf di Giorgio Magnoni (desiderosa di farsi una sua banca, ma a sua volta incappata in una pesante ristrutturazione dei debiti), Aviva per distribuire polizze, il Banco popolare per mera eredità del passato “lodigiano”, De Agostini come investitore finanziario. Una compagine talmente assortita e litigiosa che nel novembre scorso indusse il Tesoro, su consiglio di Bankitalia, a commissariare l’istituto, dopo un’ispezione che aveva accertato «profondi conflitti tra soci e tra questi e i membri del cda, specie sull’entità dei mezzi necessari ad assicurare il rispetto
dei requisiti patrimoniali e garantire le ragioni creditorie di terzi».
Banca Network nasce sulle spoglie di Bipielle Net, filiazione web della Banca popolare di Lodi, ai tempi famigerati di Giampiero Fiorani. Nel 2007, saltato il banchiere d’assalto di Codogno, diventa occasione d’impresa per i quattro compratori, con 800 promotori e un centinaio di dipendenti. Ma il progetto si arena quasi subito, tra l’avvio della prima crisi internazionale, le ispezioni di vigilanza che fanno emergere «carenze organizzative e di controllo
», le citazioni contro promotori infedeli e collocamenti discutibili, le trattative sterili (con Fideuram, Popolare Vicenza, Bpm). In mezzo, quasi un centinaio di ricapitalizzazioni in più stadi, a coprire le perdite d’esercizio (36 milioni nel 2010, l’ultimo noto), i soci che si citano in giudizio e il patrimonio che lima pericolosamente. Fino a primavera, quando si iniziano a vedere anche episodi di fuga dei depositanti. Lì interviene Via Nazionale, con il blocco di pagamenti e accrediti sui 22mila conti correnti del marchio, anche a salvaguardare la par condicio creditorum.
Già venerdì s’era aperto lo spiraglio grosso, con l’intervento di Consultinvest sim, gestore modenese partecipato dalla Cassa di Ravenna (che a ore dovrebbe rilevare le attività retail), pagando, in quote annuali, circa l’1% sulle masse che resteranno in gestione 10 anni (circa 15 milioni) e rilevando qualche dipendente, l’amministrazione e gli avviamenti. Un’altra decina di lavoratori del gruppo vanta diritti di reintegro presso il socio Banco popolare, che per ora tuttavia nicchia. Per gli altri 50 si prospetta la liquidazione, con accesso al Fondo emergenziale per bancari. Al momento, però, quel fondo non é esperibile perché il ministero non ne ha
nominato i vertici.
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