IL FINALE VERGOGNOSO DELLA SOAP OPERA FONSAI

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Anche di questo dovrebbero occuparsi le tanto invocate politiche per lo sviluppo. Lunedì potrebbe andare in onda l’ultima puntata: gli amministratori delle varie società  approvano l’ormai mitica fusione a quattro (Unipol, Fonsai, Premafin e Milano) orchestrata da Mediobanca. Sarebbe un finale vergognoso di una vergogna senza apparente fine.
1. L’accettazione da parte di Fonsai dell’ultima offerta di Unipol sui concambi spetterà  ai tre amministratori indipendenti, trattandosi di operazione con parti correlate. La precedente offerta era passata con due voti a favore e uno
contrario: decisivo quello dell’avv. Cappelli, stimato professionista che ha curato operazioni per il Gruppo di cui è amministratore. Ma secondo Fonsai è “indipendente” perché «nessun compenso era stato ancora fatturato dallo Studio per i predetti incarichi e non è possibile quantificare i compensi che i medesimi incarichi potranno generare…». In attesa che l’avvocato decida se e quanto farsi pagare (ma meno di 200.000 euro – per un professionista come lui circa una settimana di lavoro – se non vuole che cessi la sua “indipendenza”), rimane indipendente, e il suo voto può risultare decisivo. Si sorvola sul fatto che l’avvocato è notoriamente un legale di fiducia di Unicredit (e vice presidente della A.S. Roma per conto di Unicredit, avendone curato la ristrutturazione), maggiore creditore della Premafin, azionista e pattista nel sindacato che controlla Fonsai. Sembra una barzelletta: un gruppo devastato dalle operazioni con parti correlate dei Ligresti, grazie anche alla mancanza di regolamentazione, viene “salvato” con un’operazione con parti correlate, decisa col voto determinante di un ammini-stratore la cui indipendenza è in odore di elusione di un regolamento
che la Consob ha
impiegato anni a varare.
2. L’aspetto più vergognoso del piano Unipol-Mediobanca è che passa per una bizantina fusione a quattro al solo apparente scopo di salvare Premafin dalla bancarotta. La holding ha più debiti che attività : il capitale ha un valore positivo solo perché la Borsa scommette sul salvataggio. Con la fusione, il suo debito verrà  scaricato nella nuova società , danneggiandola. Da questo punto di vista, l’ultima offerta della Sator è nettamente migliore perché è rivolta ai soli soci di Fonsai. In un mercato efficiente Unipol abbandonerebbe la fusione a quattro e risponderebbe a sua volta con un’offerta diretta su Fonsai. Vincerebbe chi paga di più. Ma per Premafin sarebbe il fallimento. I Ligresti sarebbero spazzati via (coi loro Trust), perdendo la manleva e il diritto di recesso garantiti da Unipol (ai quali
non sono disposti a rinunciare), col rischio che la Procura possa chieder loro conto della gestione passata. Sorte intollerabile per un’azionista di Mediobanca. E Unicredit dovrebbe svalutare le azioni escusse a garanzia dei debiti. Molto meglio una bella fusione complessa, nelle cui pieghe trovare il machiavello per non contabilizzare le perdite.
3. Quello di Fonsai è il classico salvataggio di una società  in dissesto: come tale passa per un’iniezione di capitale che ripiani le perdite e permetta all’azienda di far fronte agli impegni futuri. In tutti i salvataggi però si richiede ai creditori di accollarsi una parte dell’onere della ristrutturazione (riscadenziare i prestiti, convertirli in azioni, cancellare gli interessi). Non in questo caso, perché il principale creditore di Fonsai si chiama Mediobanca, che pure ha finanziato per anni la gestione sciagurata dei Ligresti, parte correlata in quanto partecipano al suo controllo. L’unica certezza nel piano è che Mediobanca non debba accantonare un euro per la propria improvvida esposizione. Ma è una vittoria di Pirro, perché segno della debolezza della banca. Sic transit gloria mundi.


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