by Editore | 30 Giugno 2012 12:32
MILANO — Ormai siamo allo scontro all’arma bianca. Da una parte il custode giudiziale del 20% di Premafin (nascosto nei trust offshore di Salvatore Ligresti), si compiace per l’arrivo della nuova offerta di Sator e Palladio che offre garanzie per tutti gli investitori. «Il tema della comparabilità delle offerte – scrive Alessandro Dalla Chà – non si pone più dal punto di vista solo teorico, al fine di apprezzare, se del caso, eventuali responsabilità o vizi della deliberazione, ma anche dal punto di vista pratico, potendosi oggi nuovamente considerare quale delle due alternative sia concretamente preferibile per gli azionisti di Premafin».
Dall’altra Unipol e le banche creditrici che dal canto loro scrivono al cda Premafin perché questo proceda al più presto con l’aumento
di capitale già deliberato senza accogliere le richieste del custode giudiziale. In caso contrario la compagnia di Bologna minaccia di agire nei confronti della holding dei Ligresti «per i danni conseguenti all’inadempimento dell’accordo di investimento » adducendo, nella missiva, a «danni gravissimi e irreparabili».
Di fronte a un tale bombardamento il cda di Premafin che si è riunito ieri ha deciso di riaggiornarsi a lunedì per esaminare tutto il materiale. Tuttavia il presidente Giulia Ligresti si è cautelata: «Il rinvio non è da intendersi come un rifiuto alla richiesta del custode nè sulla convocazione dell’assemblea straordinaria nè sulla valutazione di una proposta alternativa».
D’altronde, di fronte a un tale muro contro muro diventa sempre più probabile una discesa in campo più incisiva della procura al fine di assicurare la trasparenza delle operazioni e la massima valorizzazione della quota del 40% Premafin ormai in mano pubblica. Così il pm Luigi Orsi, secondo quanto scrive la Reuters, sarebbe orientato a chiedere ufficialmente a Consob e Isvap se sul patrimonio netto di Unipol abbia ragione Goldman Sachs o Lazard e se corrispondano al vero le dichiarazioni di Paolo Ligresti sui condizionamenti esercitati nel voto dell’assemblea Premafin del 12 giugno scorso. «Qui non si tratta di propendere per l’una o per l’altra perizia – ha detto una fonte alla
Reuters-. Si tratta di fare chiarezza. Ed è in quest’ottica che si inquadra l’intenzione della procura di chiedere alle autorità di controllo che indaghino per fare luce». Insomma la procura invita Consob e Isvap a fare di più, vista la situazione in cui si è arrivati. Per evitare che la stessa «procura svolga un lavoro di supplenza».
Tuttavia è evidente che la situazione potrebbe degenerare tra qualche giorno, soprattutto se le banche creditrici, guidate da Unicredit e con la regia di Mediobanca, proseguissero nel loro intento di escutere il pegno sulle azioni Fonsai se Premafin non procedesse con l’aumento di capitale riservato a Unipol. In quel caso la procura sarebbe pronta a muoversi. «Premafin non è fallita solo perché la procura, dato che il 40% è in mano pubblica, non ha chiesto il fallimento – dice una delle fonti a Reuters-. Se le banche abbandonassero Premafin lo scenario diventerebbe assai diverso ». In pratica se il movente dell’escussione del pegno non fosse solo il recupero crediti ma il procedere con Unipol si aprirebbe un’inchiesta nei confronti delle banche. «Se le banche mollano Premafin e passano al piano di sotto, cioè da Fonsai, una volta eventualmente fatta fallire Premafin si può aprire la possibilità di procedere a un’indagine del percorso che ha condotto lì».
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