Il conto per lo Stato? Nei prossimi due anni salirebbe a 12 miliardi
Non è solo una questione di numeri. O quasi. Il passaggio dai 65 mila esodati «certificati» ai 390 mila «probabili» è un salto talmente ampio che avrà conseguenze politiche e contabili clamorose. Quanto costerebbe allo Stato un allargamento così vasto del “recinto” degli esodati? Questa è la domanda che quasi tutti si sono posti appena è diventato pubblico il contenuto della Relazione inviata dall’Inps al ministero del Lavoro. «Se alla platea dei 390 mila potenziali esodati saranno applicati gli stessi criteri dei 65 mila finora riconosciuti, lo Stato dovrà sostenere una spesa non inferiore a 12 miliardi nei prossimi due anni — afferma Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dei Consulenti del lavoro —. Naturalmente si tratta di una cifra che serve a coprire i 325 mila esodati emersi dal calcolo dell’Inps. La riforma Fornero ha ritardato il trattamento pensionistico dei lavoratori di circa 2 anni in media. Applicando un calcolo empirico, perché le variabili sono molte anche in base al sesso, si va da 1 anno per le donne fino a 7 anni per gli uomini, raggiungiamo la cifra di 12 miliardi che ci appare un dato molto affidabile seppur calcolato per difetto».
Sei miliardi all’anno nei prossimi due anni è una cifra enorme che segna una differenza davvero marcata rispetto alle previsioni. «Il calcolo fatto dal ministero non ha tenuto conto delle fonti ufficiali — spiega Calderone — noi consulenti del lavoro, qualche mese fa avevamo detto che 65 mila esodati ci sembravano davvero troppo pochi e che la cifra di 300 mila era l’unica che ci sembrava verosimile. I calcoli Inps, se confermati, dicono che siamo stati persino prudenti. Il flusso della cassa integrazione e della mobilità ci forniva dei parametri chiari: la cifra di 65 mila non poteva essere reale».
Ma la questione non si ferma solo a cifre e costi. Questi numeri riaprono le ostilità (mai del tutto sopite) tra il ministro Fornero e la Cgil: «È finita la stagione dei balletti di cifre — attacca Vera Lamonica, segretario confederale Cgil — fare chiarezza è un dovere di tutti. Anche queste mezze smentite e passi indietro servono solo a complicare tutto. Adesso l’Inps ci dica i numeri che ha fornito al governo. Non si gioca sul futuro delle persone. Del resto, questo finale era già scritto: da mesi ripetiamo che i numeri forniti dal ministero del Lavoro non potevano essere veritieri. Il sospetto fondato è che il governo sia partito dalla cifra di risorse a sua disposizione e che in base a quella abbia calcolato il numero di esodati che poteva permettersi. E invece adesso bisognerà rifare il conto alla rovescia: individuato il numero degli aventi diritto, calcoliamo quanti soldi sono necessari a coprire le necessità di queste persone».
I fondi necessari però rischiano di essere davvero tanti (pari a qualche manovra finanziaria), forse persino fuori dalla portata delle casse statali. «Questo è il risultato di una riforma previdenziale condotta con superficialità — continua Lamonica —, si è agito con troppa fretta, senza gradualità , senza transazioni, saltando passaggi di concertazione che sempre le riforme di questa portata hanno avuto. Adesso noi non accettiamo spacchettamenti. Bisogna ricostruire il quadro del diritto e poi parleremo di risorse». Il punto è che con questi nuovi numeri rischia di saltare il banco. Per tutti.
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